God Speed You! Black Emperor

Coniglio-recensione-tre-e-mezzo

Godspeed You! Black Emperor tornano a suonare insieme e noi siamo andati a sentire i loro lunghi suoni…
A Trezzo sull’Adda, zona industriale periferica di Milano, ci si arriva dopo nemmeno un’ora di autostrada da Chiasso. All’uscita ci si immerge in una lugubre strada buia e circondata da grosse caserme che sembrano più dei giganti cattivi usciti da un’animazione come Metropolis o Wall-E, pronti ad inghiottirti tra le loro fauci inquinate ed affamate di piccoli umani indifesi.

Subito dopo l’ultima rotonda si entra nel mega parcheggio munito di due “baracchini” con le salamelle e ‘cipolle maionese senape peperoni più fritto e grasso che puoi grazie’, lo spaccio che spaccia pizze ed altre prelibatezze a cui si soccombe solo provando a resistere, negozi di vario genere già chiusi ed infine un’unica solitaria insegna con scritto LIVE CLUB, il locale a cui ci si dirige per il concerto.

Curiosando sul sito web di un’etichetta americana, scopriamo che suonava a Milano questo incredibile sassofonista chiamato Jason Cotlin, che più che un sassofono sembra suonare un aggeggio infernale dell’epoca Vittoriana. Insieme a lui, i Godspeed You! Black Emperor, gruppo monolitico della scena post-rock di Montréal degli anni 0. Si vede che di recente sono tornari a suonare, per fame, per soldi o per nostalgia, poco importa. Infatti in dicembre hanno ottenuto carta bianca all’ATP Festival di Natale a Edinburgo. E sono sicuro che i biglietti erano già stati venduti tutti in estate.

Durante la loro carriera, e dopo lo scioglimento, hanno formato diversi gruppi, una vera moltitudine di proposte musicali, tra cui segnaliamo A Silver Mt. Zion che hanno suonato a Losanna molto recentemente.

La caratteristica dei GSY!BE sta nel saper creare dei muri di suono che ti investono in pieno, delle ondate alte 7 metri che, sganciate dal palco, arrivano come dei densi pugni e tu stai lì come sulla cima di una collina aprendo le braccia e inclinandoti sul suono. É tutto esteso, dilatato al massimo, tanto che al concerto hanno suonato in tutto 6 o 7 pezzi. Magari 8, esagerando. E siamo stati lì per quasi due ore.

In scena, si vedevano il leader seduto con gli altri tre chitarristi, il bassista-contrabbassista, la violinista e due batteristi. Ogni pezzo iniziava lento come l’annuncio di un temporale all’orizzonte con l’oscurarsi del cielo, per poi aumentare di volume, di potenza, di anima raggiungendo infine la tempesta, e tutti gli attori in scena si dimenano come se fossero completamente posseduti da demoni impazziti. E poi, all’improvviso, la calma più totale.

Ecco, questo per descrivere a grandi linee i GSY!BE. Probabilmente sarebbe stata un’emozione unica averli visti dieci anni fa, e quindi invidiamo tutti coloro che hanno avuto quell’occasione. Questo concerto valeva sicuramente la pena, ma è stato una specie di best-of, un rimbombo ripetitivo degli stessi pezzi che alla lunga diventavano anche un po’ tediosi, lasciando soltanto la voglia di ricevere nuovamente i momenti di estasi, quei cosiddetti muri di suono. Un po’ come una dose di eroina che, una volta passato l’effetto, non puoi che desiderarne un’altra.

Abbiamo assistito a qualcosa che appartiene al passato, ad un momento preciso nella storia della musica. Ecco che allora ti chiedi come sarebbe stato nascere nel ’48 ed aver vissuto con Hendrix, i primi Stones, i Led Zep.

Ma tutto questo, nello stesso momento, ti rende fiero di vivere la tua scena contemporanea, riconoscendola e scoprendo che probabilmente è anche la migliore in quanto porta con sé un bagaglio culturale di musica senza precedenti.

Beh, ovvio no?