Intervista agli Sparkle in Grey

Bildschirmfoto 2013-03-13 um 16.43.13
Gli Sparkle in Grey mutano attraverso gli anni. Nati come un progetto del solo Matteo Uggeri crescono inglobando differenti membri e strumenti al proprio interno ( Alberto Carozzi, Cristiano Lupo e Fraz Krostipovic) diventando una certezza disco dopo disco ed anno dopo anno. L’esordio “a quiet place”, lo split con Tex La Homa, i lavori con Maurizio Bianchi, l’album “Mexico” ed il nuovo, in preparazione, Thursday Evening per ora sono le loro tracce lasciate in un mondo musicale, quello della sperimentazione in ambito “pop”.
Pop perché popolare, scevro da intellettualismi ed aspirazioni elitarie e, potenzialmente, ascoltabile da tutti quanti i curiosi…
Basti pensare che, in occasione di un loro concerto a Losone, un loro brano passó pure sulle frequenze di Rete 3, frequenza sicuramente non nota per una ricercatezza elitaria in ambito musicale.
Un gruppo che frequenta volentieri il Ticino e che vi è in qualche modo collegato, visto il rapporto che li lega ad Old Bicycle Records: nessun mistero ne spinta promozionale, vista  l’identità dello scriba che verga il suddetto articolo, giusto una piccola chiacchierata per vedere come vanno i lavori in corso sul prossimo disco e qualche altra notizia…
Per maggiori info:

www.sparkleingrey.com
www.greysparkle.com
www.moriremotuttirecords.com

E ora, ecco l’intervista:

Salve ragazzi, sapete che da qualche tempo vi marco da vicino ma cercherò comunque di essere imparziale nel gestire l’intervista… dopo “A Quiet Place” e “Mexico” il periodo sembra pronto per l’uscita del vostro terzo album. Un tempo si riteneva il terzo disco come quello della conferma, insomma, dopo tre cose buone si diventava una sicurezza. Sono passati quasi cinque anni dal vostro esordio e, seguendo in maniera saltuaria il blog sul quale aggiornate i fans sulla stesura del lavoro, anche “Thursday Evening” sembra essere prossimo… come sta andando? A che punto siete?

Alberto Carozzi: Siamo che tra poco si fa il mixaggio, le grafiche son pronte, alcune etichette ci sorridono, e stiamo trascrivendo i pezzi per depositarli in SIAE così diventiamo ricchi.
Matteo Uggeri: Sto cominciando ad odiarlo a forza di risentirlo e riaggiustare le grafiche. Con “Mexico” ero arrivato a punto che se vedevo un sombrero vomitavo. Ora ogni giovedì sera non mi sento bene a prescindere da cosa faccio e dove sono.

Ai tempi di “Mexico” mi innamorai al primo ascolto di From the Air, scoprendo solo in un secondo momento che fosse farina del sacco di l’autore Anderson. Quali altre sorprese avete in programma per il prossimo album? Su cosa dobbiamo informarci prima di incappare in altri complimenti tipo: “Oh, splendido il terzo pezzo, come avete fatto a tirare fuori quel giro?” “Copiandolo dai Mojave 3, il pezzo è loro…”

Matteo Uggeri: Eh sì, potrebbe accadere la stessa cosa! Ci stiamo prendendo gusto a fare cover, quindi nel prossimo ne troverai ben tre: due datate 1993 e una terza ancora dagli anni ’80. Ce la siamo presa sta volta con i God Machine, con gli Empyrical Sleeping Consort (che conosciamo solo io e gli autori) e… no, il terzo non lo rivelo perché oltre ad essere oscurissimo è un gruppo per me troppo sottovalutato. Ovviamente qualcuno che ha già dato un ascolto ai premix ha detto “che figata quel giro di basso, siete dei geni”, ma era di Jimi Fernandez.
AC: C’era un pezzo di Neil Halstead che mi piaceva un sacco….ci piace prendere brani o pezzi di brani altrui e farli nostri, anche “Thursday Evening”, tra cover e citazioni conterrà diversi omaggi, chiamiamoli così… poi in alcuni casi resta oscura anche per me la paternità della refurtiva. Ma è bello anche così.

“Thursday Evening” rientra in una scia ideale che comprende Tell me why I don’t like Monday, Sunday Morning, Sathurday Night, Friday the 13th, Big Wesnesday e Ruby Tuesday. Boomtown Rats, Velvet Underground, Wighfield, Jason, il surf ed i Rolling Stones possono essere una chiave per entrare nel mondo Sparkle in Grey o sono fuori strada? Che riferimenti potreste darmi per tracciare una linea più consona alla vostra?

AC: Se vuoi un indizio io volevo intitolarlo “The Heart Of Thursday Evening”… è il momento in cui ci troviamo a suonare, o meglio, che ci trovavamo, dopo aver scelto questo titolo abbiam cambiato giorno, per non correre il rischio di adagiarci troppo.
MU: …io aggiungerei Friday I’m in Love alla lista, inserendo così i Cure e mettendoci almeno un gruppo che conosco bene tra quelli che citi! Nel senso che – a parte Velvet e gli Stones, che mi piacciono e che rispetto molto – gli altri sono solo dei nomi per ma vaghi… purtroppo ho un retroterra più virato verso musiche pensantucce, da giornate grevi, tipo la Four Hours dei Clock DVA, per dirne un’altro che mi viene in mente…

Per i vostri dischi vi avvalete di musicisti molto validi e diversi fra loro, in ruoli che esulano dal maneggiare uno strumento: vi chiedo di spendere due parole per presentarci Giuseppe Ielasi, Cristiano Santini ed Andrea Serrapiglio, vi va?

MU: Ielasi è un amico da prima del mio coinvolgimento nella musica e anche un professionista eccezionale, nonché un ottimo musicista e saggio label manager. Santini ci è stato passato da Matteo Antoniotti di MCL e si è rivelato un tecnico di studio pazzescamente affidabile e in gamba. Come musicista credo bastino le parole spese sui Disciplinatha a suo tempo da Jello Biafra. Serrapiglio l’ho conosciuto tramite Andrea ‘Ics’ Ferraris, ed è un ragazzo tanto giovane quanto dotato (in senso sessuale e musicale). Come violoncellista è bravissimo (non a caso gira con personaggi del calibro di David Tibet e Carla Buzolich) e come tecnico di studio ha delle trovate che vanno oltre l’artificio della fantasia.
Dobbiamo molto a queste sei orecchie e manine esterne ed esperte e speriamo in futuro di trovarne sempre di nuove.

Circa un anno fa, all’evento 11.11.11 mi diceste di voler in qualche modo scardinare il meccanismo di essere abbinati a gruppi similari al vostro suono, preferendo cozzare con artisti che apparentemente vi sono più distanti. In quell’occasione furono i Tour de Force, My Dear Killer e Sandro Codazzi. Siete ancora di quell’avviso? Con chi scegliereste di girare in tour avendo budget illimitati? E con chi, facendo i conti col borsello attuale e con i vostri gusti?

AC: Non è che ci poniamo delle regole o dei dogmi su questa cosa, però mi pare che il tempo speso per cercare la propria dimensione sia un po’ tempo perso, poi facciamo così pochi concerti, a volte a distanza fra loro e in contesti molto differenti, per cui faccio fatica a entrare nello spirito della tua domanda, peccato. Mi piacerebbe suonare con i Necks, con Enzo Jannacci, e con Pascal Comelade.
MU: In realtà per l’esattezza quello che vorrei è più che altro non ritrovarmi sempre associato al ramo sperimental/industrial, che peraltro non rappresenta più di tanto il nostro suono… O meglio: dato che nel nostro suono finiscono cose molto diverse, mi piacerebbe suonare in contesti molto diversi. Però di solito nell’ambito indie ci rifiutano radicalmente, in quello elettronico ci deridono, in quello folk ci ignorano, così ci buttiamo nello sperimentale e powernoise dove c’è gente carina e accogliente (non scherzo!).
Avendone la possibilità non so con chi vorrei andare in tour… ti direi sicuramente qualcuno che faccia musica strumentale, per evitare brutti equivoci tipo “e dov’è il vostro cantante?”.

Parliamo un attimo di Grey Sparkle… cos’è esattamente? Una label legata agli Sparkle in Grey o qualcosa in più? Il nome farebbe pensare ad una conseguenza inevitabile del gruppo: è veramente così? E Moriremo Tutti Records invece?

MU: Grey Sparkle non ho mai capito manco io che cosa sia… alla fine è un modo per raggruppare i progetti musicali nei quali sono coinvolto e per auto-finanziare i dischi degli Sparkle in Grey, dove i soldi li cacciamo sempre tutti e quattro, salvo le partecipazioni di vere etichette illuminate come la tua, ad esempio.
Moriremo Tutti è quasi più seria come etichetta, per certi aspetti, l’ho creata molto tempo prima (nel 1993, come nome), e mi serve per pubblicare lavori invece di stampo sperimentale e industrial, ma soprattutto usando formati astrusi, come il VHS di Remote Control.

“Mexico” ha avuto un buon riscontro di stampa a livello critico. Le etichette che vi hanno supportato vi seguiranno anche sul disco nuovo?

AC: Sì, Mexico è stato un disco molto apprezzato da chiunque l’abbia ascoltato, o quasi, forse, ed è un peccato per gli altri sei miliardi che ancora non l’hanno conosciuto, ma c’è tempo. Con qualcuno si andrà senz’altro avanti, ma ancora non si è definito nulla, certo quella formula lì è la migliore che finora abbiamo sperimentato, sicuramente quella in cui ho percepito più trasparenza e partecipazione, ma questo forse dipende più dalle persone con cui abbiamo collaborato.
MU: Ah ah! Nel frattempo comunque due hanno già dato l’adesione (che iddio vi benedica), Lizard e Old Bicycle… Afe ha deciso di mollare le attività per un po’ e MCL non sappiamo ancora. Poi pare ci sia qualcuno nuovo interessato, sarebbe molto bello allargare il campo.

All’uscita di “Mexico” siamo riusciti a combinare una data alla Fabbrica di Losone, dove presentaste il disco. A livello di live come vi muoverete? Avete in mente un tour promozionale in Italia? All’estero?

AC:Eh, magari..
MU: Tour promozionale? Sarebbe un sogno. O magari un incubo. Però no, per noi suonare dal vivo è sempre difficilissimo in primis perché trovare locali e date è quasi impossibile senza farsi un culo quadro o senza avere già un gran nome. Inoltre con il fatto che lavoriamo tutti e quattro è arduo incastrare gli impegni. Però se ci fosse modo sarebbe davvero molto bello inanellare almeno una settimana di date. E suonare all’estero sì. Spesso lì siamo trattati molto meglio che qui, ad esempio la Fabbrica è un posto fantastico!

Detto fra noi, se molti registi avessero delle orecchie aperte o dei consiglieri capaci, potreste fare la vostra porca figura in una colonna sonora… ricordo,ai tempi promozionali di “Mexico” di aver visto il nome di Kaurismaki tra i destinatari delle versioni non fisiche del vostro disco. Dando per scontato siate suoi ammiratori, oltre a lui, quali registi vi solleticano le meningi? Per chi paghereste pur di accompagnare le sue immagini (in senso metaforico naturalmente)?

AC: In un film di Kaurismaki più che metterci le musiche mi piacerebbe abitarci. Poi non lo so se lui apprezzerebbe la nostra musica, è vero che siamo anche noi dei disadattati, ma di solito la gente che suona nei suoi film fa robe un po’ diverse dalle nostre.

Siamo alla fine dell’anno, scoperto qualche bella cosa musicale durante il 2012? O, in caso negativo, quali le conferme discografiche dell’annata?

AC: Ho scoperto Tiken Jah Fakoly, artista ivoriano che fa una specie di reggae che mi ha  messo in discussione trent’anni di pregiudizi sul reggae, ho ascoltato molto Brassens, poi un disco che sto ascoltando in questi giorni di Ballake Sissoko e Vincent Segal, si chiama Chamber Music, disco per kora e violoncello, due pianeti diversi, ma un incontro straordinario, poi mi ha colpito nei primi mesi un disco di blues anni ’30 credo degli archivi di Lomax, Black Appalachia si chiama mi pare, e Humanicity di Lee Scratch Perry. Poi son tornati gli Zebda con un disco che c’ha alti e bassi, ma gli alti son molto alti. Anche i Calexico, mica male. Due maroni i God Speed You Black Emperor invece…
MU: Io sono uscito di testa per Larry Yes, scoperto tramite Tizio/Bob Corn, e per McGuffin Electric, per parlare delle uscite di quest’anno. Anche la musica cinese pubblicata da EnT-T (Wu Na e Tea Cerimony) niente male. Poi ho scoperto, nel passato, Sven Kacirek e Ben Frost. Nonché i Beach Boys e i Can (mea culpa!), che mi ero perso.

So per certo che un paio di voi (Matteo ed Alberto) sono attivi su Sands-Zine come firme di recensioni ed articoli. Come sposate questa attività incestuosa? Sono attività slegate fra di loro o il suonare e conoscere gente vi aiuta (o vi è di ostacolo, rispettivamente) nel farlo?

AC: Non lo so in effetti è un po’ strano, a parte che non ci scrivo così spesso, però è vero che oggi si mescolano molto i ruoli; tu leggi ufficio stampa, casa discografica, testata, distribuzione, booking, e ti viene in mente chi sa cosa, palazzoni, redazioni, elicotteri… Nel farlo, sicuramente alcuni contatti son nati così, e sicuramente mi sarebbe piaciuto tantissimo che per esempio Colleen partecipasse a un nostro brano, ma non era interessata. Pazienza.
MU: Sì, viviamo in un mondo strano di gente che si occupa un po’ di tutto, tipo che magari uno che ti ha pubblicato il disco finisce per intervistarti per una webzine, cose pazzesche, vergognose!
A parte gli scherzi: io credo che dato che è così difficile campare con la musica, farne un lavoro, e poi anche se si riescono a pubblicare dischi resta difficile farli girare e conoscere, be’, è normale che uno che ama la musica, o ama dei particolari tipi di musica poco ‘appetibili’ si dedichi anima e corpo e faccia un po’ di tutto, a volte disperdendo anche le energie e facendosi un culo così. Poi è vero che aiuta a farsi contatti, allargare la propria cerchia eccetera… però a volte ti si ritorce pure contro, finisce che nessuno può recensire un disco perché ci han suonato tutti quelli che conosci!