La Danza di Calvaire
Vasco Viviani
Calvaire è un film strano e straniante…preso quasi per caso qualche anno fa a noleggio all’Agorateca di Lugano narra le gesta di Marc Stevens, triste individuo che sbarca il lunario dando spettacoli musicali negli ospizi.
Una sera il laido camioncino di Marc fa le bizze lasciandolo a piedi nella sperduta provincia dove trova (fortunatamente?) ospitalità nella taverna di Bartel. Fino a qui tutto bene, nella norma, con dei personaggi malsani ed un’atmosfera che ti fa temere il peggio, che puntualmente avviene…
In sostanza, Bartel vede in Marc una persona a lui cara e gli esprime il proprio amore, tentando di tenerlo lontano dal resto del paese, a suo parere popolato da gente che non li capirebbero.
Per fare questo si reca personalmente, armato di un fucile da caccia nell’allegra taverna in centro, ospitante il barista ed un accrocchio di gente che ve la auguro. Bartel fa la sua brava scenata minacciando nemmeno troppo velatamente gli astanti di stare lontani dal suo ospite, un giro minaccioso di fucile e se ne esce.
Qui inizia, per un minuto e cinquantacinque (1.03.22 e 1.05.23) l’inferno od il paradiso. Un tale si siede al piano e, dopo un attacco prorompente, attacca una baldanzosa marcetta…gli ospiti si alzano ed iniziano a ballare.
Io adoro i film strani, malati, ma qui…sono meno di due minuti, musica che viaggia, i colori virati di un verde-giallo malato, il sudore stantii che esce dallo schermo ed i loro movimenti a ritmo.
Agghiacciante.
Basta questo.
Per questo passaggio il regista, Fabrice Du Weltz, si guadagna la mia stima sempiterna e la promessa che mai e poi mai, passerò in auto in quei paraggi.
Due minuti che umiliano l’horror contemporaneo, di qualsiasi paese, senza mostrare nulla.