Performa Festival 2016 – giorno 2
Mi ricorda me da piccola.
Questo mi sussurra la mia compagna di spettacolo, quinta fila, ore 9.30 appena cominci a intravedere la fronte bagnata dei danzatori e il loro respiro si fa più veloce.
Si, quando saltavo sul letto fino allo sfinimento.
Fatto sta che i Cie Diadé ci hanno stregato da subito.
Pochi gesti essenziali, rigore, ripetizione. Re-play, appunto, il titolo della loro opera.
Si muovono su due fronti. Il primo, davanti a noi, sul palco. Déborah Hofstetter, Diana Lambert, Adrian Rusmali, tre corpi che si incastrano in una coreografia minimalista.
Poi, dietro di noi, quasi nascosto, Daniel Gendre. La sua danza è ancora più silenziosa e piccola, costretta su di un tavolo, tra un tasto e l’altro. Il risultato una musica sfacciata, che invade il teatro, rimbalza da un muro all’altro, ti bussa allo sterno facendoti vibrare.
Siamo circondati. È una trappola, ma piace. Ci fa sentire un po’ come nella vita di tutti i giorni, prigionieri di una routine da cui forse non ci vogliamo liberare. Oppure riesumano qualche episodio del passato. Forse. Perché i Cie Diadé non si fanno certo etichettare, per farci andare a casa fischiettando. Preferiscono lasciarci senza parole, spingendoci ai confini dell’irrazionalità, dove nasce il nostro disperato bisogno dare una spiegazione a tutto.
Ma incollarsi alla sedia, in difesa, non è permesso.
Rimane solo la possibilità di mollare, scavare dentro di noi e trovare quello spazio vuoto, facendo affiorare qualcosa di primordiale, di antico. E viaggiare con loro.
Grazie!