Daniele Brusaschetto – Intervista

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Ho conosciuto la musica di Daniele Brusaschetto dopo averla consigliata ad un amico; non ricordo a quale concerto fossimo, ma mi sembra ci fosse una bancarelle di Bar la Muerte e consigliai all’amico, in cerca di “qualcosa tipo CSI…” mi sembra, proprio un disco di Daniele. Ricordo che il suo responso fu “a tratti ricorda Battiato…” ma non credo che continuò la sua esplorazione. Mi lanciai personalmente all’acquisto la prima volta che lo vidi, al No Fest di Torino nel 2009, se non erro, che gli Harshcore facevano le loro evoluzioni sul palco. La mia fidanzata si era studiata per bene la scaletta ed il suo nome era magicamente in lista. Ora come ora non ricordo per bene il live ma ricordo che ci fiondammo al suo banchetto per acquistare qualsiasi cosa avesse con sé, più o meno. Fu un acquisto strano, con Daniele che provava quasi a dissuaderci dal comprare così tanta della sua roba ed a consigliarci altro. Per fortuna non cedemmo. In quei dischi trovai una delle canzone più belle della musica italiana tutta, almeno a mio giudizio: si chiama Trascino, e la potete ascoltare qui. È contenuta anche in Blasé, uno splendido disco acustico del 2009 che ho malauguratamente smarrito. Ci ascoltammo per bene tutti i dischi e ritrovammo Brusaschetto live al Tagofest del 2009 dove scendemmo in massa, che fummo accettati a suonare. Con noi c’era Iari, cuoco e musicista peso e pesante che restò pure lui impressionato dalla disarmante semplicità e bellezza di Brusaschetto. Da lì le cose seguirono, coinvolgendolo a partecipare al primo tape Crash che organizzai e per il quale gentilmente mi cedette brani dei suoi All Scars Orchestra. Insomma, sono cinque anni che frequento la musica di Daniele Brusaschetto e mi sembrava giusto condividerla qui con un’intervista, approfittando dell’uscita del suo ultimo disco, Rapida E Indolore.

Qui trovate l’album in versione digitale da ascoltare, anche se, ovviamente, il mio consiglio è quello di ordinarne una copia e goderselo con calma in casa, tenendolo fra le mani e facendosi guidare in un viaggio straniante fra cantautorato ed elettronica.

Ripercorrendo la mia conoscenza sulla tua musica mi sono accorto di averti approcciato nel 2009 quindi 5 anni fa tondi tondi mentre, spulciando in Discogs, mi sono accorto che il tuo esordio sia del 1995 con Paturnie e quindi tu sia vicino ai 20 anni di onorata carriera. In questi anni mi sembra che tu ti sia mosso come un elastico tra la musica più pesante e distorta a quella più intima, sempre mantenendo un’intensità che mi sembra ormai essere il tuo tratto distintivo. Ti va di raccontarci come hai iniziato questo viaggio e quali sono state le tappe più significative, siano esse relativi ad ascolti, incontri ed intenzioni varie?

Se consideriamo i primi passi del progetto che sono avvenuti nel 1994 siamo già a vent’anni… E’ spaventoso… 🙂
Precedentemente suonavo in diverse bands, ero coinvolto in progetti che andavano dal rock-noise-psichedelico all’improvvisazione avant-finto-jazz passando per l’industrial. Decisi che avevo bisogno di un mio spazio musicale personalissimo e intoccabile, partii così da solo.
Le tappe significative… L’incontro e collaborazione con i musicisti Mirco Rizzi e con Bruno Dorella. I dischi usciti per RRR, Bar La Muerte, Blossoming Noise, i tour in Europa e U.S.A. tra il 1999 e il 2002. La conoscenza del fonico Marco Milanesio e di Scott Nydegger con la sua Radon Studio.

Rapida e Indolore è il tuo ultimo album. Ascoltandolo mi sembra di sentire l’inizio di una nuova fase, o per lo meno uno scarto rispetto a quelli (da Circonvoluzioni a Fragranze Silenzio) che, almeno a mio parere, ti avevano assestato negli ultimi anni come suono. Qui invece siamo in un territorio marcatamente più elettronico, con la solita peculiarità dei tuoi testi… è stato uno sviluppo naturale ed “inconscio” nel tuo lavoro o hai voluto chiaramente cercare un’altra strada?

Rifuggo l’assestamento. Volevo fare qualcosa di diverso, usare essenzialmente il computer, non suonare nessuno strumento a parte la voce e la chitarra (quest’ultima presente in un solo pezzo), esasperare le frequenze, deturparle, saturarle. lasciarmi trasportare dalla casualità di loop e drones che trovano i giusti incastri quasi per conto proprio. Poi applicare tagli a mio piacimento. Ed infine piazzare la solita voce.

Beh, direi che hai centrato assolutamente il bersaglio! Ultimamente hai fatto qualche data dal vivo, cosa abbastanza rara, visto che non sei costantemente in tour, almeno in questi ultimi anni. In più eri in compagnia… com’è andata? Che tipo di pubblico attiri solitamente? Gli affezionati oppure ci sono persone nuove che si affacciano all’orizzonte?

Erano quasi 4 anni che non suonavo più dal vivo. Inaspettatamente mi è tornata la voglia e ho ricominciato a cercare risorse in questo senso. La formazione dal vivo è composta da me ed un vecchio amico, Marco Milanesio, fondatore negli anni ottanta della storica band elettro-industiale DsorDNE, nonchè sound engineer di fama internazionale. Questi primi concerti sono andati bene, ci siamo divertiti. Il pubblico è formato essenzialmente da appassionati della musica “diversa”. Poi ci sono le persone che capitano di lì per caso, bevono qualche drink e decidono se rimanere o scappare via.

Poco fa dicevi di “creare i pezzi e poi piazzarci la solita voce”. Trovo che nel tuo percorso le parole abbiano molta importanza e che, nel tuo ambito, siano sempre una scoperta. Voglio dire, non sei propriamente un cantautore come la gente immagina sia questa figura, ma raramente nei dischi che si muovono nell’area di musica italiana si sentono immagini così vivide e vissute. Una recensione di qualche tempo di Emiliano Zanotti per Cielo Inchiostro (su Sodapop) ti dipingeva come uno dei segreti meglio custoditi della musica italiana tutta. Leggendola ho effettivamente pensato ad una possibile fruizione molto più ampia della tua musica, nel senso che se ogni acquirente dei Bachi da Pietra o dei Massimo Volume acquistasse un tuo album immagino che facilmente potrebbe rimanerne in qualche modo incollato. Tu da tempo produci i tuoi dischi con Bosco Records in un numero abbastanza limitato di copie… non hai mai cercato in qualche modo di “aprire” la tua proposta artistica verso situazioni più visibili (non nel senso di snaturarla ma di passare attraverso canali più ampi, sia ben chiaro) oppure è un’idea che non ti interessa più di tanto?

Dipendesse solo da me i canali più ampi sarebbero spalancati da anni… 🙂 Purtroppo non basta volere una cosa per ottenerla. Semplificando al massimo la faccenda bisognerebbe avere la costanza, un cervello bèn funzionante, capacità imprenditoriale, un buon cuscino economico, fortuna… Tutta roba che ahimè non possiedo. O magari, molto più semplicemente, la musica che produco è pessima e non può interessare nessuno a parte una manciata di pazzi sciroccati sparsi per il mondo… Senza offesa Vasco!… Eheh…
I punti di vista possono essere molteplici. Ricordo il primo CD che feci uscire nel 1997… Preso dall’entusiasmo ne stampai 1500 copie + 500 promozionali, 6 etichette discografiche underground coinvolte. L’ultimo invece è limitato a 100 esemplari, su Bosco Rec… Fortunatamente la giovinezza, col suo carico di “wanna be!”, passa… 🙂

Beh… dovessimo trovarci nel secondo caso spero di ampliare la schiera dei pazzi sciroccati!
Tu sei di Torino… Cosa si muove di bello sotto la Mole, musicalmente parlando? Ricordo ed ascolto con piacere diversa musica di quella zona, dai MCIAA a Stefano Giaccone, passando dai Fluxus ai Larsen, fino a Paolo Spaccamonti, che hai tra l’altro prodotto… hai qualche dritta da consigliarci per caso attualmente?

Credo proprio che ne sai molto più te di me sulla scena taurinense.. Non esco quasi mai di casa, a parte per andare a lavorare e poco altro… Proprio stasera suonano i FleUR a Torino, valente nuova leva dell’underground locale, e io sono qui davanti al computer…

Capisco benissimo, per me è uguale… volevo chiederti qualcosa su Bosco Records, la tua etichetta. Sembra essere sempre stata una espressione molto personale, con i tuoi dischi o progetti che ti vedevano coinvolto in diversi ruoli, come musicista e/o come produttore. Il fatto di aprire un’etichetta propria è stato dettato dalla necessità/comodità, ovvero per poter avere le tue cose sotto controllo senza vincoli di sorta oppure inizialmente c’erano altre motivazioni?

Bosco Rec serve per dare un’appartenenza comunque ad una schiera di progetti musicali, far nascere e vivere le loro uscite sotto lo stesso tetto. Praticità/orgoglio/controllo/necessità. Necessità perchè se non esistesse Bosco Rec la maggior parte dei dischi che ho prodotto non sarebbero mai usciti, oppure sarebbero stati genericamente considerati “autoproduzioni”.

Ci sono mosse già programmate nel Bosco o fuori da esso? Verso che progetti, idee e sorprese ti stai muovendo al momento?

Nulla in vista all’interno del Bosco. Fuori da esso ci sono in programma un paio di uscite: una cassetta collaborazione con Paolo Spaccamonti su Brigadisco e una compilation in vinile 12″ condivisa con altri 3 musici per l’etichetta giapponese 10 Label.