Ebo Taylor – Love and Death

Ebo Taylor
Love and Death
Strut Records 

http://www.strut-records.com/content/ebo-taylor-love-and-death

Guardi l’orologio al muro e sono le 3.30 del mattino. Hai le cuffie che cullano le orecchie, stai scrivendo parole, è tutto ok. I suoni che addolciscono la notte sono quelle del disco di Ebo Taylor comprato da uno dei suoi tanti figli direttamente al concerto di Festate di Chiasso in luglio 2012.

Al termine del  lunghissimo concerto, eravamo rimasti in poche isolette a commentare in silenzio l’energia highlife che poco prima fluiva attraverso ogni pietra chiassese. Qualcuno teneva in mano un disco o un vinile. Poi, un omino piccolo, vestito da securitas, si avvicina un po’ barcollante. In mano una penna. Ebo Taylor, spuntato dal nulla che chiedeva umilmente se poteva lasciare il suo nome autografato sul vinile. Se poteva essere di nostro interesse. Due secondi per togliere la plastica e mi ritrovo con il nome indelebile di un grande artista della storia della musica, ripescato da una etichetta tedesca da qualche parte in un villaggio del Ghana . All’età di 76 anni. Lui, emozionato a sapere che c’è gente che ancora lo conosce, che ancora lo ascolta.

Ai tempi, nel 62, era partito con studenti di musica a Londra sponsorizzato dalla Ghanian High Commission, obiettivo: acquisire e incorporare il jazz con la highlife attraverso jam sessions. Tornato, divenne produttore e arrangiatore per eitchette come la Essiebons e lavorando con gente come C.K. Mann e Pat Thomas. Ora grazie a compilation uscite su Analog Africa e la Soundway Records, Ebo torna sulla scena riportando e riproponendo la causa dell’Afrobeat. Si torna a suonare, jammando con una nuova squadra di fuoco composta e sostenuta dal collettivo berlinese Afrobeat Academy che vedono membri i Poets Of Rhythm, Kabu Kabu (collaboratori di Jimi Tenor) e leggende ghaniane Marijata.

A Chiasso, sul palco levava il suo braccio, puntando alla gente, agitando ritmi senza fine caricati di un’intera vita. Dietro di lui, suo figlio e la numerosa band. Le ultime canzoni sono quasi sperimentali, legati all’amore. Triste ricordo della moglie, morta poco tempo fa.
E la gente ballava, ballava di brutto. Un africano insegnava a un po’ di persone come ci si muove, senza riuscirvi. Ma si rideva e ci si muoveva. Basta muoversi, basta chiudere gli occhi, basta far parte del momento.  Il più bello è riconoscere amici che ora finiscono le scuole superiori, pazzi scatenati. Alcuni di loro partono per l’Africa, alcuni per un periodo breve, altri sperando di starci di più ma senza sapere cosa gli aspetta.

Questo Love and Death è un fantastico funk, toccate di basso e chitarra, cori e parole incomprensibili ma perfetti. Non ci metti tanto a imparare. Ogni canzone una specie di massima, qualcosa sempre da ricordare nella vita. Partendo da una semplice filastrocca che si impara a scuola, il mignolo dice “nga nga”, il quarto dice “che c’è?”, il terzo dice “magari ha fame”, il secondo dice “magari portagli del cibo”, il pollice dice “se gli porti il cibo, lo dico al papà”.
African Woman è un ringraziamento a come si muovono le donne africane. Vere mamme del ritmo. Poi Mizin, ovvero non sparlare di me e ricorda la buone cose che ho fatto. Obra invece dice che se non ce la fai nella vita, non prendertela con gli altri ma solo con te stesso.

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Ebo Taylor – 1977