Film Festival Diritti Umani di Lugano 2019

Lugano ospita dal 9 al 13 ottobre 2019 la sesta edizione del FFDUL, il Festival del Film dei Diritti Umani. Noi di Radio Gwen ci siamo!

Qui di seguito trovate tutti i contenuti, le immagini, le interviste e i commenti del nostro team, composto per l’occasione da Samah, Kava, Riccardo, Federico, Rossana e Riccardo.

Prima di iniziare…

Siamo stati a sbirciare i contenuti del festival in anteprima, durante la conferenza stampa che ha avuto luogo il 26 settembre al Centro Pastorale San Giuseppe a Lugano.

Ricchissimo il programma di quest’anno: oltre 20 film in cartellone, 2 concerti, un’esposizione fotografica… il presidente del festival Roberto Pomari e il suo direttore artistico Antonio Prata catturano l’attenzione di giornalisti e curiosi con una presentazione esplosiva dei punti salienti di questa sesta edizione.

È proprio con il direttore artistico Antonio Prata che abbiamo fatto due chiacchiere dopo la conferenza, all’ombra degli alberi del meraviglioso chiostro. Tanta stanchezza e un po’ di trepidazione per l’inizio di questo festival, ma soprattutto moltissimo entusiasmo:

Il trailer di questo festival lo potete trovare qui:

Landless

Il FFDUL 2019 è molto più che un festival cinematografico: oltre alla proiezione delle innumerevoli pellicole, e ai concerti, è prevista anche una mostra fotografica, dal titolo Landless, visitabile dall’1 al 20 ottobre 2019 al Centro Pastorale San Giuseppe di Lugano.

In esposizione, le incredibili fotografie di Davide Vignati, che abbiamo intervistato in esclusiva:

 

Una delle fotografie in mostra, di Davide Vignati

Racconti dal festival

Mercoledì 9 ottobre

Grande successo alla prima giornata del Film Festival dei Diritti Umani.

Il festival si è aperto con una proiezione che racconta la storia del genocidio ruandese; alcuni dei giovani in sala non hanno retto il peso morale della pellicola e sono dovuti uscire dalla sala. Alla fine del film c’è stato un dibattito con Marcello Flores.

Nel primo pomeriggio il pubblico ha avuto l’occasione di vedere One Child Nation. Tema principale: la politica del figlio unico in Cina. In sala era presente anche una delle registe, Lynn Zhang. Durante il dibattito si sono affrontati tutti i problemi e le implicazioni di questa legge in merito ai diritti umani.

Terza proiezione della giornata, Nos Défaites. Un progetto nato attorno ad alcuni allievi di un liceo parigino in una banlieu, in cui il regista affronta temi come politica, cinema, utpie e paure.

La serata di inaugurazione ha avuto grandi ospiti, tra cui Marina Carobbio e Marco Borradori, che hanno inaugurato la sesta edizione del Film Festival di Lugano. Con un folto pubblico accorso al cinema, l’ultima proiezione della serata tratta il passato del popolo cileno. La Cordigliera De Los Suenos di Patricio Guzmàn vuole ricordare la violazione della libertà e dei diritti umani durante la dittatura di Pinochet.

La Cordigliera una catena montuosa spettacolare che il regista decide di mettere al centro, poiché la definisce testimone di quanto successo nel suo amato Cile. Montagne che vengono anche vissute dal popolo come una parete che separa e allo stesso tempo protegge dal resto del mondo. Il film mostra gli orrori avvenuti durante il colpo di Stato negli anni ’70 in cui si vedono cileni che uccidono altri cileni. Un vero delirio di violenza o forse di onnipotenza della dittatura di Pinochet, dove i suoi soldati, senza motivo arrestavano e uccidevano le persone. Il film mostra una catena di eventi da non dimenticare. E allo stesso tempo ci lascia con la speranza di tornare a sognare un nuovo Cile connesso con la pietra che tutto detiene.
 
 
 

 

Giovedì 10 ottobre

A mano disarmata

Questo film, con protagonista assoluta una bravissima Claudia Gerini, racconta l’incredibile storia (vera) di Federica Angeli, giornalista de La Repubblica che si è ritrovata nel giro di qualche settimana imbrigliata in una vita che si è scelta solo a metà: quella sotto scorta, quella delle minacce ai suoi figli e al marito, quella di una privazione di libertà. Tutto questo la travolge dopo aver deciso di denunciare gli indenunciabili, il clan dei Costa, che fa il brutto e il cattivo tempo nella periferia romana di Ostia. Tutti sanno, le violenze e le ritorsioni sono sotto gli occhi di tutti, ma il muro di omertà è troppo forte: simbolica la scena della sparatoria sotto casa della Angeli, e le tapparelle che una dopo l’altra si abbassano in un “chiudere gli occhi” davanti ai soprusi mafiosi. Federica Angeli però non può più stare zitta, non può sopportare le ingiustizie. È nata per “fare la rivoluzione”, come le ricorda il padre in una bellissima scena. Inizialmente è sola contro il mondo, ma nel corso del film Federica, grazie alla sua resilienza, riesce a smuovere le coscienze di chi le sta attorno, creando una rete di solidarietà che alla fine la salverà. Questo film è un’ispirazione per chi sceglie di dedicare la vita al giornalismo o all’inchiesta, ma anche un monito al nostro dovere civile, di cittadini.

Federica Angeli con Claudia Gerini

Aquarela

Di questo film è difficile restituire a parole l’atmosfera, i suoni, le immagini. Ogni parola sembra superflua, ma noi ci proviamo.

Il film si apre con un uomo solo in mezzo al bianco. Diventa una danza a due, poi a tre, nel ghiaccio. Una musica heavy metal accompagna le immagini, tanto nitide da essere laceranti. Un senso di incombenza accompagna tutto il film, passando dall’insensatezza della corsa in automobile nel ghiaccio, allo scioglimento inesorabile dell’Antartide, allo sballottamento di un’imbarcazione nei flutti dell’oceano, all’uragano Irma che colpisce Miami, al crollo di una diga: l’acqua è sempre al centro della scena, rendendo l’uomo sempre e solo uno spettatore impotente davanti alla forza della natura.

Che rumore fa un mare di ghiaccio che si scioglie? E a cosa assomiglia?

È una narrazione epica, surreale, quella di Kossakovsky: blocchi di ghiaccio si staccano dal continente bianco come strani animali preistorici, inarcando le schiene prima di sprofondare nei flutti. Il rumore è assordante, inedito.

Tutto si risolve scenicamente in un arcobaleno che sembra sorridere dalla cima di una cascata. La telecamera si alza, allontanandosi dal dirupo. Quasi un richiamo biblico, in cui l’uomo è annientato e il mondo rinasce a nuova vita dopo il diluvio universale.

La lotta contro la natura, contro l’acqua, è un’impresa vana, e dopo la visione di questo film incredibile ne siamo più che mai convinti.

Una scena del film Aquarela

For Sama

U film da mozza fiato, ambientato in Siria ad Aleppo, la storica Aleppo che non c’è più distrutta da un gioco dei potenti, chiamato guerra. La regista Waad Al Kataeb, è una giovane donna con tanta voglia di vivere soprattutto da quando partorisce Sama la sua figlia che ha voluto chiamare Cielo. nella speranza di ritornare a vedere un cielo dal quale cadono stelle e non bombe. Un film tutto vero, nessuna fiction, dove si vedono figli che perdono i genitori, genitori che perdono i figli, fratelli che piangono i loro fratelli e la catena del dolore non cessa di fare male. Ma il film ci mostra che nonostante la guerra, la vita continua e deve continuare, perché questa è la loro vera vittoria. Dunque, il film spazia dal dolore alla gioia, dalla festa di matrimonio alla corsa nel bunker, dalle battute dello humor arabo che lo contraddistingue alle lamentele dei feriti ammassati per terra, dove il colore rosso si fa protagonista. In questo film vediamo il motivo che spinge tante persone ad arrivare sulle coste italiane.

Venerdì 11 ottobre

Mare clausum

Mare Clausum è un documento forense, prima di essere un documentario: assistiamo alla ricostruzione scientifica dei fatti avvenuti nella fascia di mare tra la Libia e la Sicilia durante il caso della Sea Watch contro la guardia costiera libica per il salvataggio di un gruppo di migranti. Attraverso un’accurata ricostruzione 3D e grazie alle telecamere montate sulla nave SeaWatch e sui gommoni di salvataggio, la Forensic Oceanographic insieme alla Forensic Architecture sono riuscite a ricomporre secondo dopo secondo quanto avvenuto in mare. Questo mare che l’Unione Europea sta disperatamente cercando di chiudere, anche a costo di vite umane, come si evince in modo inequivocabile dal documentario. Questo filmato è la dimostrazione che a volte la cruda verità è più forte di qualsiasi narrativa.

 

Il video è disponibile online all’indirizzo https://forensic-architecture.org/investigation/seawatch-vs-the-libyan-coastguard.

La nave Sea Watch 3

Where are you

Questo documentario prodotto da NatGeo nasce da una fotografia, divenuta iconica, di Massimo Sestini. Vediamo una barca, carica a scoppiare di migranti, dall’alto. I volti di queste persone, ammassate una sull’altra e provate dopo giorni di navigazione, si illuminano quando si accorgono dell’elicottero italiano da cui il fotografo li riprende: sono sguardi di speranza, di chi capisce che finalmente l’Europa è una possibilità concreta, e che le loro vite sono state risparmiate. Qualche mese dopo aver scattato questa foto, Sestini decide di cercare di rintracciare le persone che erano a bordo per capire cosa ha riservato loro il destino, una volta sbarcati in Italia. Inizia così un viaggio attraverso i ricordi, le testimonianze crude e i sogni e le speranze dei pochi migranti che è riuscito a contattare. Il messaggio che emerge, forte e chiaro, dalle loro parole e dai loro occhi, è che l’Europa, nonostante li abbia accolti, non potrà mai sostituire nei loro cuori la loro terra natia.

La fotografia di Massimo Sistini

0 Impunity di Nicolas e Stéphane Blues e Dennis Lambert. 

È un film che mostra la violenza senza essere violento nei confronti dello spettatore, e malgrado ciò non tutti sopportano vedere le ingiustizie e le umiliazioni, per questo motivo alcune giovani hanno lasciato la sala in lacrime. 


Questo film Mostra diverse situazioni nel mondo in cui le vittime sono le donne. Donne catturate, abusate, stuprate dagli ufficiali dell’esercito o dalle squadre impegnate in una missione umanitaria. Una giovane ragazza musulmana, stuprata da un uomo, mostra la sua paura nei confronti di tutti gli uomini, anche se si tratta del fratello o del padre. Una ragazza traumatizzata che non sa più come riavere la sua dignità e difendere i suoi diritti. Per questo motivo la scena finisce con lei che entra nella sede cosidetta dei diritti umani e grida con tutta la sua forza, mentre persone distinte vestite in giacca e cravatta erano impegnati a parlare di aria dritta. 
Per questo film è stato intervistato un volontario del festival.