Il Codazzi – Intervista

A cura di Fango Bianco

https://soundcloud.com/sandrocodazzi

Allora… Il Codazzi è Sandro,ticinese,sicuramente il talento elettronico di questi tempi a queste latitudini. Errato però parlare di questi tempi…la bellezza delle tracce di Sandro infatti,è tale che esse funzionerebbero anche 25 anni fa,così come fra 25 anni. Sandro Codazzi è per me l’uomo dietro il casco, fautore di performance ipnotiche come quella che lo ha visto protagonista nell’unica volta in cui ho avuto l’onore di assistere,giusto quasi tredici mesi fa. Allora si era in data 11.11.11 all’Arci Blob di Arcore,a coronare una serata all’insegna di Goose Game, pezzo degli Sparkle in grey risuonato per l’occasione da Harshcore, Tourdeforce, My dear killer e Sandro Codazzi appunto. In quell’occasione fu impossibile resistere all’acquisto del suo disco, foraggiato forse dall’entusiasmo di uno sconosciuto e dalla sua bottiglia di Montenegro che seminó il panico un po’ ovunque…
Impossibile poi resistere all’album, omonimo, edito da Musiche Di Un Certo LivelloSex in the Kadett, Sierra Cosworth, Uno Turbo IE, pezzi che spingono il piede sull’accelleratore ed il gomito fuori dal finestrino,puro stile anni ’80 in un omaggio al fu pilota Elio de Angelis coadiuvato dalle voci delle due valentine, Giosa e Castellani.

A questo punto era inevitabile informarsi maggiormente sul personaggio…contattandolo scopro che Sandro, nato a Faido nel 1978, passa la propria adolescenza in Puglia con la famiglia facendo le sue prime esperienze musicali in ambito new wave, dark wave e noise. Poi, il regalo di un Commodore 64 gli apre la porta delle sonorità elettroniche. A 20 anni si sposta a Milano dove la passione per i software musicali lo portano a costruire il suo “Milan E-Lab Studio“. Nei dieci anni successivi milita principalmente in due progetti, I/O Fi e Silicon Wafer, per poi iniziare la sua folgorante carriera solista.

Lo interrogo quindi per fare un po’ di chiarezza su questo misterioso interprete….

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++ Ciao Sandro, grazie per aver accettato di rispondere a qualche piccola domanda. Dove vivi ora? Sei in Italia od in Ticino? Ho accennato a qualche parte della tua biografia ed i viaggi sono importanti, partendo da Faido,arrivando in Puglia e risalendo a Milano…

Vivo stabilmente a Milano, per questioni lavorative, affettive e logistiche, ho costruito qui il mio studio pieno di ciarpame elettronico e la sola idea di smontarlo per traslocarlo mi fa venire la febbre. In realtà dell’infanzia Ticinese si può dire che non abbia ricordo, lì ho vissuto i miei primi 4 anni, sono tornato in Leventina un po’ di volte negli anni nella speranza di un flashback, ma a parte gli aneddoti raccontati dai miei genitori, nulla.
Viaggi, si sono stati importanti, la fuga a gambe levate dalla Puglia è stato un momento importante, avevo vent’anni, non un soldo in tasca e solo qualche appoggio qua è la dove stare, è stato un periodo duro, ma penso mi sia servito molto per la selezione degli ambienti da frequentare e degli amici cui circondarsi.

++Quali sono i tuoi contatti musicali con il canton Ticino?
Mi sembri particolarmente alieno a questo territorio, o per lo meno potresti farne parte riempiendo Living Room o Vanilla ad ogni tuo passaggio ma forse questo è solo il sogno di un mondo migliore…cosa pensi a proposito?

Sembro? Sono un perfetto alieno “azzurro”, come dice il Bernasconi.
Da questo punto di vista, passare Brogeda con la mia scintillante targa italiana non aiuta.

Ho provato in tempi acerbi ad avere contatti pretenziosi con altre realtà della confederazione, tipo l’Usine e simili, ma ho sempre avuto risposte negative nel senso che non mi han proprio risposto e ri-ascoltando il materiale dell’epoca non posso dare loro torto.
Se mi invitate vengo, chiedo solo un piatto di rösti come compenso.

++ Il tuo album è edito da Musica Di Un Certo Livello, label che,oltre a te, ospita gli amici comuni Sparkle in Grey e quella figura inquietante di Zecchini e dei suoi Post Contemporary Corporation…come è nata questa collaborazione? Che rapporto i lega ai compagni di label e cosa puoi dirci di loro?

La prima parte è un po’ lunga, divido la domanda in due. Il primo contatto con MCL fu nel 2007, un incontro puramente casuale, coincidenze. Ero al lavoro, un giorno come un altro, e mi si presenta tale Anton Petersmann dicendomi “Io ti farò fare un disco”, la mia risposta fu “ Mo va’ a caghèr”.
Mi spiegò che un collega amico comune gli aveva fatto sentire alcuni lavori che gli avevo
passato e lui ne era rimasto folgorato.
Un altro bel giorno, ad inizio 2008 durante una delle sue sessioni di pressing coercitivo, Petersmann mi propose una strana forma di remix per un brano che non esisteva, la base di partenza era uno “sproloquio paroliberista” del Dottor Zecchini, ovvero 5 minuti di delirio verbale in apparenza disarticolato.
Aveva toccato il tasto giusto. Accettai molto divertito, era quello di cui avevo bisogno, stagliuzzai riducendo il tutto a pochi proclami abbastanza divertenti, sfigurando il non-sense originale e incastonandolo in un prototipo di brano che stavo componendo all’epoca che poi è diventato “Sierra
Cosworth”, uscito il vinile, e bona l’è.
Successivamente, verso la fine del 2008, dopo la fine rocambolesca dell’esperienza con Silicon Wafer, Petersmann tornò alla carica supportato dal suo socio Mr. Othi, proponendomi nuovamente di produrre finanziariamente lui un mio album. In un primo momento declinai decisamente, ero devastato dall’esperienza appena conclusa, non ne volevo sentir parlare di musica e affini, sono stato davvero ad un passo dal mollare tutto.
Dai e ridai alla fine mi convinse per disperazione, giusto per farlo smettere di assilarmi.
Mi propose di cominciare a buttare giù qualche idea, e in pochi giorni abbozzai “Transitions” e “Automatic love song” due brani lenti e intimisti, dannatamente new-wave che non c’entravano nulla con quanto prodotto fino ad allora, nella speranza di farlo desistere.
Risultato opposto, lui ne fu entusiasta, io volevo lanciarmi nel Lambro.
Mi arresi, ho definito le tematiche, mi son chiuso in studio e in qualche mese il disco era pronto per la post produzione.

Con i colleghi di etichetta ho un buon rapporto, quando li ho incontrati ho sempre sentito una buona armonia, ho accettato volentieri i loro inviti per le partecipazioni perché ho sempre trovato bella gente, e quand’è così, tutto diventa più facile.
In particolare c’è sintonia con Tour de force per questioni di affinità di genere musicale e per la propensione all’autoironia in musica, solo che il Ryder è più timido di me (incredibile) , altrimenti si potrebbe fare anche qualche brano insieme, perché no?

Sparkle in Grey sono da ammirare perché nonostante si muovano in un territorio pericoloso come quello del post rock, insistono stoicamente nel produrre brani di qualità,
dico difficile perché è un mercato molto particolare nella quale è facile finire impantanati nell’anonimato.

Loro riescono a distinguersi, quindi complimenti a loro.

Anche se non della stessa etichetta, due parole le devo spendere per “My dear Killer”, che dire, l’ho visto 3 ore nella mia vita, sembrava ci conoscessimo da trent’anni.
Credo che basti per descrivere l’empatia che si è creata.
Quando ha proposto live un bis di “Can’t get You out of my head” in versione talmente struggente che in confronto Nick Drake in paranoia somigliava ai “Ricchi e poveri”, non ci ho visto più.
Ho capito di assistere a una manifestazione di genio puro.

++ Qual’è la location ideale per un tuo set? Ho avuto l’onore di vederti all ‘Arci Blob ad Arcore ma vorrei capire in che ambiente dai il tuo meglio e che cosa cerchi per presentare un tuo set. Suoni spesso dal vivo o sei piuttosto un animale da studio?

Sono una persona estremamente timida, indubbiamente un orso da studio.
Per una serata perfetta gli ingredienti sono: Un fonico decente, un impianto decente e gente che ha voglia di ascoltare.

Ho smesso da tempo di cercare posti in cui suonare, ho paura mi ritorni il rigurgito che mi provocò la scena italiana anni fa.
Giustamente non sei nessuno, ti sbatti per trovare un posto, ti tocca elemosinare le spese, ti fanno suonare alle 20 e ti dicono già prima del soundcheck, “mi raccomando smonta la tua roba velocemente che poi c’è il DJ”.
Meglio lasciar perdere.

Il primo live a Berlino per me fu uno shock, verso le 22 il piccolo locale si stava riempiendo sempre di più, parlo con l’organizzatore, “Posso cominciare?” e lui, “Sei pazzo?, Non vedi che la gente non è ancora ubriaca? Lascia che il dj te la scaldi per bene!!!”.
Vi confesso candidamente che stavo letteralmente per cagarmi addosso, tremavo come una foglia e non avevo nemmeno il casco per schermare un po’ le emozioni, mi ritrovavo con la folla a 20 Cm da me stipate in un locale piccolissimo, e tutti aspettavano me.
Ho pensato: “Se fallisco smetto. Giuro. Punto e basta”.
E’ stato un successo, per me una catarsi, una forte spinta ad andare avanti.
E’ sufficiente che ci sia gente disposta ad ascoltare, non chiedo altro.
Pertanto se mi invitate….

++ Qual’è il tuo pubblico?
Ho letto cose entusiastiche su di te da persone piuttosto distanti dal tuo mondo sonoro (My dear killer per dirne uno), mi sembri avere un fascino trasversale che conquista persone molto differenti. Cosa pensi a riguardo?

Il mio pubblico è composto da psicopatici, chi altri potrebbe godere di una musica del genere?
Ai miei liveset ho visto dal darkettone con ragnatele annesse in cerca di fascinazioni wave, al paninaro che pretendeva beat ignorante come se non ci fosse un domani, dall’architetto fallito felice come una pasqua al designer trendy che pensava di vedere uno spettacolo più moderno e chic e se ne va schifato da cotanto sollazzo popolare.
Mi piace essere “cercato” dalla gente e non invadere i loro spazi, è buffo, anche perché essendo elmettato, la gente non ti riconosce, e puntualmente a qualcuno tocca dire al
curioso di turno, “Guarda, è lui”, altrimenti io continuo allegramente ad essere ignorato come piace a me.

++ Per concludere, cosa ascolta Il Codazzi? Quali sono le tue pietre miliari e quali le tue ultime scoperte? Dovessi fare un resoconto sonoro del 2012 cosa ti ha colpito maggiormente? Lanciati pure senza casco nelle tue playlist…

Domanda di riserva? Del 2012 non ho ascoltato nulla.
In realtà ascolto poca musica nuova, più che altro vivo di proposte che mi fanno amici di cui conosco i gusti.
Alcune di queste degne di nota sono alcuni brani di “Tesla Boy” in particolare “Picture of you” prima della loro deriva soul-gospel che odio profondamente.
Per puro caso anni fa ascoltai “Times like these” di A.Tyrell e rimasi colpito da numerosi punti di contatto tra le sue produzioni e le mie, un disco godibilissimo.

Pietre miliari, più che gruppi direi personaggi, Rikk Agnew, Martin Rev, l’accoppiata Stephen Morris – Peter Hook, Gianni Maroccolo giusto per citare i più importanti, sono
figure che hanno segnato il mio modo di concepire la musica e di vivere il palco.

Le mie playlist sono direttamente condizionate dal mio umore del momento, per cui non credo sia sufficiente lo spazio web per fare una lista.
Troppi generi diversi da inserire, in questi giorni per esempio sono in fissa con la New beat belga ‘87-’89, in particolare due brani, uno profondo e toccante “Eighty eight” dei Public Relation e uno decisamente più scanzonato e cazzeggiante “ Tanzen” dei Tragic error, il personaggio del video mi fa cappottare dalle risate.
Come vedi, anche all’interno dello stesso genere, vario abbastanza.

++ Domanda di rito da appassionato…avremo il piacere di vederti in Ticino prossimamente?
In caso negativo cosa possiamo fare per permettere che ciò avvenga?

Dipende da voi, io ho la vignetta autostradale valida e ben appiccicata sul parabrezza, ho le coperture M+S fresche installate, serve altro per passare il Ceneri sgommando con finestrino giù e lo stereo a volumi folli?

Scherzi? Sarebbe un onore per me.

Link:
https://soundcloud.com/sandrocodazzi
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Digipack:
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