Non c’è musica svizzera

 Non c’è musica svizzera

Ci permettiamo di inserirci nel dibattito avviato dal Consigliere nazionale Luc Barthassat sulla problematica della mancanza di musica svizzera nelle radio elvetiche.

Andando al lavoro, il Signor Barthassat avrà avuto una mattinata meno impegnativa del solito e girando un po’ le frequenze delle radio ginevrine si sarà accorto che, ohibò!, non suonavano altro che buone dosi di musica leggera americo-anglofona.
“Das geit doch nöd, gopferdeli!” avrà commentato fissando la sua autoradio FM, controllando l’iphone, frenando e accelerando al semaforo, specchiandosi di tanto in tanto.
Così non va, dov’è la musica svizzera nelle nostre radio?!
E pam! Proposta di legge per un quarto della programmazione musicale dedicata ai canti della cara Elvezia.

Questo ovviamente non ha garbato per nulla al capo della Warner Music Svizzera R. Brachat e neanche a Radio Energy di Zurigo. Vi immaginate? Il grido patriottico-musicale del Sig. Barthassat non solo obbligherebbe i capi delle radio commericali ad alzarsi dai sedili regali e discendere la scala ad annusare tutto il sottobosco di produzione svizzera snobbata. No, dovrebbero pure togliersi le banconote dalle orecchie perché il comodo status quo contenutistico delle loro radio si basa sull’enorme massa di importazione dalle industrie musicali, quelle che decidono cosa e quanto noi cittadini ascoltiamo, incluso il povero signor Barthassat. Se il monopolio Xfattoriale della musica sulle radio venisse frantumato, oh poveri ascoltatori, come farebbero? Visto che secondo la arida logica delle radio di monopolio sostiene che è l’ascoltatore che decide cosa gli garba e cosa no.
Come farebbero le radio statali che si indirizzano ai giovani (che pur non dipendenti dagli introiti pubblicitari trasmettono gli stessi identici contenuti delle radio commerciali) ad accettare una rotazione con così “tanta” musica elvetica?
Paura! Paura!

La paura è proprio questa, che non ci sia abbastanza musica autoctona bella e commercialmente forte per sostenere gli ascoltatori abituati a tutta l’immondizia musicale e culturale che le nostre radio gli hanno versato addosso in anni di trasmissioni. Vonnegut scriveva di fare le cose che fanno paura. Sì perché poi ci si accorge, come ne Il Nome della Rosa, che i diavoli sono solo ombre.

Qui casca l’asino. Ci si accorge benissimo che chi fa comunicazione, in questo caso radiofonico, non comprende appieno il suo ruolo, la sua responsabilità, il suo dovere. Contano come sempre solo i guadagni. Le opportunità sono le prime ad essere sotterrate.

Il Sig. Barthassat ha sbattuto con la sua barchetta contro la punta di un iceberg che nasconde problemi filosofici e di comunicazione molto più grandi. Perché di musica e di etichette ce ne sono moltissime in Svizzera, si farebbe fatica a non riempire un palinsesto mensile. Prendete per esempio Alpradio che trasmette praticamente solo musica vallese. Che poi sia musica originale o solo scopiazzate becere dell’Industria, questo è un altro problema immenso.
Ma sarebbe già una bella scossa elettrica per i signori manager delle comunicazioni se dovessero costringere i loro direttori artistici ad ascoltarsi un po’ di bella musica di artisti svizzeri.

Come sostiene la ASROC (Associazione svizzera delle radio digitali), non è tanto una questione di percentuale di musica svizzera. Il problema sta nel fatto che le Major e alcune etichette grosse si rifiutano di lasciare l’accesso alla Music Promotion Network per inviare CD e promo. Insomma, qualcuno lassù decide come e quale musica passare.

Gwen vi lascia con un fantastico brano di un gruppo ticinese. È dedicata tutta al Signor Barthassat , siamo sicuri che apprezzerà queste sonorità nostrane!