Sigur Rós, just a perfect day.

Sorry, no translation atm!

Sigur Rós: The Perfect Day

Il terzo e ultimo giorno di A Perfect Day Festival al Castello Scaligero di Villafranca nei pressi di Verona. Un luogo già di per sé naturale cornice spettacolare, magico nonché riconducibile anch’esso tra i “luoghi di forza”. L’attesa all’esibizione dei Sigur Rós una serena sofferenza…

La via che porta dritta all’entrata è superba: edifici tipici dell’avvicinarsi a Venezia, di vari colori tenui accostati e un’altezza di dimensione domestica. Sembra di passeggiare in una cartolina. È giunta l’ora, si aprono i cancelli: entrando poco alla volta, senza pressioni o fastidi, c’è aria di rilassamento. Lo spazio è ben organizzato e strutturato, nei primi metri davanti al palco c’è della sabbia intrisa di fetori urinari di cavalli, da chiedersi se è un accenno scenografico per questo castello o piuttosto un precedente evento che ha lasciato le tracce… sta di fatto che non è il luogo da cui godersi il concerto. Al centro una torretta con la tecnica sul suolo coperto d’erba appena più rialzato, ai lati la merchandising, cibo, bevande e toitoi, oltre ad essi il suolo si trasforma in terrapieni erbosi di pari altezza del palco e che vanno a poggiarsi a ridosso delle mura, un po’ lontani, un po’ come stare in collina. I luoghi migliori da cui godersi i concerti: nei pressi della torretta centrale e in collina.
I primi ad esibirsi sono quattro ragazzi giovanissimi, gli Alt-J, melodici dal suono pulito, dei puntini su quell’enorme palco. Poca attenzione su di loro, malgrado siano piacevolmente orecchiabili. C’è ancora la luce del giorno: uccelli volano a stormi tra una torre e l’altra della cinta muraria -loro ai festival accedono liberamente-, aerei atterrano e decollano otticamente attraverso il palco, nuvole che salvano dal sole, apparendo solo ogni tanto.
Il momento degli Deus: cinque elementi tirati come usciti diretti dagli ottanta. Torbido acido nervoso rock appena sopportabile, da chiedersi se e quanta tecnica ci voglia per suonare degli strumenti in quella maniera, effetto totalmente raffreddante velato con una punta di odio. Fantastici tappi per le orecchie, sempre a portata di mano ai concerti: almeno quelle sono protette, quando ci vuole ci vuole. (ah poveri Deus, li amiamo lo stesso. Ndr)
Si fa notte e appaiono i Mark Lanegan Band, suoni pieni, bassi e profondi, quasi atonali ma senza annoiare: muovono dentro, portano di nuovo in pace l’anima agghiacciata dagli Deus. Calmanti, interiorizzanti, caldi. Lentamente sempre più persone si alzano in piedi. Il cielo si è fatto più terso, la luna appare tra le torri, le stelle punteggiano un manto blu denso, lo stesso colore delle luci che avvolgono la band. Da rimpiangere una sdraio.

Sigur Rós – Glósóli from Sigur Rós on Vimeo.

E loro, i Sigur Rós, con le splendide Amiina a presentare soprattutto il più recente album Valtari: scenografia ambientale, luci più raffinate e arricchimenti con proiezioni similastratte e riprese video istantaneamente reali. Abiti originali in perfetta coerenza di dichiarata appartenenza unitaria e più positivamente oscuri del passato Jonsi Tour. La frequenza è cambiata completamente, miriadi di volti rivolti verso di loro: volti attenti, catturati, ammaliati, profondamente coinvolti. La maestria della band non si smentisce in questa capacità di avvolgere le anime e dondolarle in panorami sognanti, atmosfere surreali delicate quanto potenti e intense. È un viaggio di ritorno verso la propria più recondita caratteristica esistenziale, sanno ricondurre al proprio più vero stato presente. Niente porta più alle necessarie distrazioni delle precedenti esibizioni. Il senso del silenzio diventa essenza nella loro musicalità, quasi un’ipnosi di guarigione. Le lucine arancioni del video di Inga Birgisdóttir per il brano Varúõ che sono state riprodotte scenograficamente per il concerto non sono state lanciate in cielo, no… non si sono mai staccate dal palcoscenico, simbolicamente non hanno mai lasciato i corpi dei musicisti, fedeli a un senso di interezza e senso di unità con sé stessi. Tutti noi ne vogliamo ancora di questa musica incantevole, e lo sanno, e (non) concludono infatti con chitarra e basso ancora suonanti sul palcoscenico, per dirci che non smettono di suonare, che il concerto prosegue in altra forma, luogo e dimensione. D’altra parte è vero che in una dimensione davvero speciale ci han già portati, in quella dimensione dove in fondo ogni tentativo di descrizione non può dare un’idea concreta di cosa significhi partecipare a un loro concerto e farne un’esperienza diretta. Un viaggio di magie e grande amore, un forte senso di modesta e orgogliosa appartenenza all’universale.

Sigur Rós – Varúð from Sigur Rós Valtari Mystery Films on Vimeo.

www.sigur-ros.co.uk/valtari

Athena.