AIPS – Archivio italiano Paesaggi Sonori

Articolo a cura di Fango Bianco.

Alcuni mesi or sono scopro tramite la rete dell’esistenza di AIPS. Informandomi in maniera più approfondita mi accorgo che l’archivio italiano di paesaggi sonori è in realtà una struttura attiva da più di tre anni che porta avanti un progetto molto interessante e sfaccettato. Viaggiando sul sito si può infatti venire a conoscenza dei vari progetti esistenti sul territorio italiano, per una passeggiata sonora dislocata in varie località. Il mio confronto sonoro con AIPS avviene grazie al mirabolante Postcards from Italy, un album collettivo di nove autori, alcuni già da me conosciuti, altri con i quali ho un primo contatto (Fabio Perletta, Giulio Aldinucci, Enrico Coniglio, Attilio Novellino, Alessio Ballerini, Giovanni Lami, Alberto Boccardi, Barbara De Dominicis, Pietro Riparbelli). Il funzionamento di quest’album è molto semplice: ogni musicista compone un brano partendo dai field recordings registrati da un altro musicista: oltre al brano registra altri field recordings che passa poi ad un terzo elemento. Un viaggio in nove tappe dove ogni autore influenza il prossimo creando un humus sonoro compatto. Un humus che più che paesaggi sonori imprime nella pellicola mentale dell’ascoltatore degli spettri, immagini sfocate che rappresentano la vista e la vita di un determinato luogo da parte del musicista in esame. Ogni brano riporta le coordinate geografiche del luogo ove le registrazioni sono state effettuate creando così un paesaggio sonoro dell’Italia intera, partendo da Milano, facendo tappa a Venezia, Ravenna, Livorno, Siena, Roseto degli Abruzzi, Roma, Napoli e Catanzaro. Le tappe si susseguono senza eccessivi sbalzi, parlando un linguaggio comune declinato e speziato a seconda degli elementi in gioco. Oltre a questa prima uscita il collettivo si offre dal vivo, in Italia ed all’estero. Nel tempo si susseguono infatti live di AIPS in location suggestive quali il Café Oto di Londra (basta guardare il programma di qualsiasi mese per farsi venir la voglia di farci un salto…in questo momento hanno in cartellone Vibracathedral Orchestra, Jandek, Alvin Lucier per scrivere i primi tre nomi trovati) e l’Artoteca O’ di Milano, dove negli anni ho assistito ad alcune delle esibizioni più toste della mio archivio sonoro. Decido quindi di fare qualche domanda ad AIPS, nella persona di Francesco Giannico. Prima di leggerle date magari un’occhiata al manifesto di AIPS, in maniera da addentrarvi adeguatamente nella materia in questione.

“Eʼ solo attraverso la musica che lʼuomo può trovare la genuina armonia tra il proprio mondo interiore e il mondo esterno a lui. E sarà nella musica che lʼuomo creerà i modelli perfetti di quel paesaggio sonoro ideale che vive nella sua immaginazione” – R.Murray Schafer

AIPS – Archivio Italiano Paesaggi Sonori è un collettivo di soundscapers italiani. Il “Paesaggio Sonoro” (Soundscape) introdotto da Schafer è come una “sinfonia incompiuta e senza forma di cui siamo contemporaneamente i compositori, gli esecutori e gli ascoltatori”.

Lʼintento del gruppo è quello di promuovere la cultura dei paesaggi sonori e i soundscapers italiani, performers/musicisti che si cimentano in live electronics e creano installazioni artistiche audiovisive connesse al concetto di soundscape composition.

Le possibilità offerte dall’idea in questione sono molteplici e offrono naturali ponti con l’arte contemporanea, mixed media, web 2.0 etc. Pertanto l’opera di promozione di AIPS si muove   da un lato online attraverso un reporting di tutti i lavori di soundscaping svolti sul suolo italiano, dall’altro attraverso  proposte di eventi performativi e workshop ad hoc.

Far parte di AIPS significa partecipare attivamente alle attività di progettazione, di promozione e realizzazione di momenti legati al tema del Paesaggio Sonoro.

La base del collettivo è online, sul nostro sito dedicato.

IL PAESAGGIO SONORO, UN BENE CULTURALE INVISIBILE IN CONTINUO MUTAMENTO…

Il paesaggio sonoro del mondo è in continuo mutamento; lo è naturalmente in misura maggiore nelle grandi aree urbane, metropoli in primis. Il paesaggio sonoro è un ‘bene culturale’ invisibile ed immateriale che muta a causa di fattori tra i più disparati come il livello di antropizzazione ed il susseguirsi dei fenomeni naturali.

L’ecologia si occupa del rapporto tra gli esseri viventi ed il loro habitat o gli ambienti che permettono la loro sopravvivenza; esistono varie branche dell’ecologia: con riferimento alla percezione sonora si usa comunemente parlare di ecologia del suono (Il termine “Ecologia Acustica ” è ad oggi ancora oggetto di studio in via di definizione della disciplina e frutto di compromesso tra i vari ricercatori, acustici, soundesigners nel globo).

Il generale deterioramento delle condizioni di vita sul nostro pianeta ha contribuito a creare un peggiormaneto della qualità della vita umana dal punto di vista del paesaggio sonoro; c’è chi parla di crisi del paesaggio sonoro e delle similitudini con fenomeni più largamente noti come l’estinzione delle specie animali rare, l’assottigliarsi del fattore di biodiversità tra i continenti, l’inquinamento globale.

Individuiamo in questo peggioramento due ‘urgenze’: la necessità di migliorare la qualità della vita umana contrastando fenomeni cosiddetti d’inquinamento acustico e la promozione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica al riguardo. Al contempo però Aips studia il “cambiamento” negativo o positivo che sia, perchè vi è senza dubbio un innato valore antropologico e dunque ridefinisce l’estetica del paesaggio sonoro ‘conservandolo’, archiviandolo in contemporanei archivi digitali ed elaborandone i risultati in chiave artistica, scientifica, contemporanea.

Il valore etnomusicologico di taluni archivi sonori (prettamente musicali a dire il vero) ha bisogno di rinnovarsi, di concedere spazio a nuove metodologie. Aips vuole da questo punto di vista ricreare il senso antropologico della ricerca musicologica connesso all’archiviazione attraverso: il web 2.0 , un lavoro collaborativo tra musicisti e ricercatori sul territorio nazionale che sia coordinato ed appoggiato istituzionalmente.

Creare un Archivio del paesaggio sonoro italiano sarebbe un bene inestimabile. Utilizzando un ossimoro, il collettivo di soundscapers italiani, vuole dare “visibilità” al bene per mezzo della creazione di un archivio di suoni del paesaggio nazionale, unire sotto un unico sito tutti i progetti che riguardano la ricerca e lo studio del suddetto, workshop e festival.

Per questo occorrono designer acustici, ovvero musicisti, studiosi di acustica, antropologi e persone interessate allo studio del paesaggio sonoro come il roster di AIPS al fine di proporre soluzioni utili a un suo miglioramento.

Che cos’è l’AIPS e che cosa si promette di fare e promuovere?

A.I.P.S. è un acronimo che sta per Archivio Italiano dei Paesaggi Sonori. E’ un’associazione culturale dispiegata su tutto il territorio nazionale e che al momento conta 15 membri, sound artists con variegate esperienze legate al suono alle spalle.

Lo scopo di A.I.P.S. è di promuovere il concetto di Paesaggio Sonoro, definizione coniata da R.M. Schafer per definire un contesto acustico preciso entro cui siano delineati alcune specifiche fondamentali come tonica, sound signals e sound marks. AIPS però non è accademia ma un collettivo artistico operante da 3 anni e che da qualche mese si è costituito come associazione. In questo periodo abbiamo realizzato workshop in ecologia acustica, mappature sonore geolocalizzate e visibili sul nostro sito web, performances live, sound installations e prodotti videoartistici.

Che legame ha l’AIPS con Oak Editions? Un progetto è legato indissolubilmente all’altro oppure le due entità sono dotate di vita indipendente?

Oak Editions è un sub progetto di AIPS, non è legato indissolubilmente all’associazione a livello tematico ma ci muoviamo comunque nei dintorni della musica ambient, elettroacustica e che certamente fa uso al proprio interno di field recordings ma senza per questo parlare obbligatoriamente di soundscape compositions.
E’ un progetto di ampio respiro perché non è una label come le altre, i prodotti su cd sono limitati all’estremo e privilegiamo la cura dell’artwork e del packaging per produrre poche e selezionate copie di un lavoro se non addirittura vere e proprie installazioni come ad esempio nel caso di Pietro Riparbelli in uscita a Marzo 2014 o come è già successo per il lavoro di Alessio Ballerini e Silvia Candelaresi con “Nostalgia Robot”. Uscite discografiche si ma soprattutto musica attinta da un bacino ben definito e proposta sotto forme non standard che non sono dunque le canoniche confezioni per cd; è per questo motivo che l’abbiamo definitia “Art Music Label” e non solo Label.

Con Postcards from Italy avete creato un circolo di artisti ognuno rimodellante i suoni di un altro. Trovate che in Italia ci sia, per così dire, un pensiero o una visione tipica e riconoscibile verso la materia sonora nell’ambito del paesaggio sonoro? Lo chiedo dopo una riflessione sul suono caratterizzante diversi paesi del mondo, nel senso, se penso ad un suono australiano lo immagino ampio, aperto e polveroso, uno inglese più industrializzato ed industriale… qual’è, se esiste, a vostro parere, il suono italiano?

Il livello di antropizzazione del mondo occidentale è tale perché sia ormai in atto un’estrema banalizzazione del paesaggio sonoro. In questi paesi è molto difficile soprattutto in ambito urbano parlare di suoni strettamente legati al territorio o trovare dei soundmarks, per dirla alla Schafer. Ci sono delle isole acustiche, territori con peculiarità importanti, soluzioni senza continuità di sorta che offrono frammentarietà sebbene di tanto in tanto qualcosa ci riporta all’essenza del territorio in cui operiamo. Il suono non ha bandiere, i fonemi paiono l’unica cosa caratterizzante il luogo oramai rispetto ad una mole di usi e costumi massificanti e massificati.

La raccolta di suoni, pratica e/o mentale e quindi la creazione di un proprio paesaggio sonoro non implica a mio parere il fatto di essere musicisti. Nel senso… spesso mi ritrovo ad ascoltare determinati suoni che nella mia mente creano una pièce sonora senza che io maneggi in maniera neppur lontanamente decente uno strumento od un programma audio. Ovviamente però un musicista ha la dimestichezza di plasmare queste fonti in maniera presentabile integrandole al proprio suono creando qualcosa di interessante ad ascoltatori esterni.
La domanda alla quale volevo arrivare è:

Nel tuo caso sono i suoni esterni ad influenzare il tuo modo di comporre e quindi sono la base di partenza (come mi è sembrato di capire da “Postcards from Italy”) oppure sono un abbellimento rispetto a composizioni proprie? Da che punto parte una tua composizione?

Non c’è una regola assoluta anche se alcuni a volte cercano di propinare nuovi codicilli e regolamenti. Persino i pionieri della soundscape composition si divisero tra ferrei sostenitori dell’uso “puro” del suono registrato e la sua manipolazione assieme ad altre fonti, naturalmente i risultati sono diversissimi.

Io non sono certo un purista e credo nemmeno gli altri all’interno di A.I.P.S. ; mi piace provare a dare una connotazione identitaria ad una composizione, legarla al luogo da cui proviene o esaltarla in base a questa provenienza mettendone in luce alcuni aspetti acustici degni di nota (per me) in cui mi sono imbattuto.

C’è gente molto più ancorata di me al suono e che lavora a fondo sul panning e la spazializzazione durante l’ascolto, come Alberto Boccardi o Fabio Perletta. Credo di essere un po’ impulsivo da questo punto di vista e ingenuamente legato ad una visione conservativa della struttura del brano, mi diverto di più quando interagiscono più strumenti anche canonici all’interno del brano.

Al di fuori dell’Italia conoscete o siete in contatto con altre entità collettive che possono essere confrontabili con la vostra oppure questo avviene in maniera più singolare di norma?

Siamo molto attenti a tutti gli input esterni in materia di suoni e sperimentazione sonora ma fino a questo momento non ci  è ancora successo di avere a che fare con una realtà simile alla nostra. Percepiamo certamente un’intesa e un’affinità con alcune produzioni anglosassoni, americane e del nord europa ma progetti che mettano a sistema a livello nazionale gruppi di sound artists che si approcciano col paesaggio sonoro allo stesso modo in cui stiamo cercando di operare noi, è una cosa che ancora non ci è ancora capitata. Non so se sia un bene un male, credo però che nel nostro caso sia prevalsa la consapevolezza che solo l’unione di un nutrito gruppo potesse essere presa in considerazione degnamente e dare la giusta connotazione ad un fenomeno di nicchia certamente ma con valenze multiple, risvolti sociali inediti e soprattutto avvicinamento alla “materia” per i neofiti. Nella nostra cultura del paesaggio sonoro si mescolano più fedi: l’elettroacustica di matrice ambient, l’arte pubblica, l’approccio installattivo.

Come siete venuti a contatto con il mondo dei suoni “trovati”? Ci sono stati artisti che vi hanno introdotti ed ispirato oltre a Schaefer e che vi hanno fatto scattare questo determinato “clic”?

Ognuno naturalmente segue un proprio percorso personale; per me, e credo anche per altri, i prodromi sono stati banalmente Schafer, Truax e tutto il mondo che gravita attorno al World Soundscape Project ma chiaramente ci sono tantissimi ascolti contemporanei che mi hanno illuminato la strada, per così dire, in questo ambito, come Fennesz col suo “Field Recordings”  o Christina Kubisch, Francisco Lopez, Domenico Scjaino e tanti altri ancora.

Il 2013 è stato un anno molto fertile per il vostro collettivo, tra uscite discografiche ed interventi sul territorio, dalla Slovenia, a Bari, a Bologna… avete già in programma altre uscite dal vivo, sia come concerti/showcase che come lavori sul campo nei prossimi tempi?

Abbiamo in programma una serie d’interventi  che speriamo vadano in porto; sono un po’ delicate come situazioni perché legate alla lotteria dei bandi pubblici di concorso e proprio in questi giorni sto scrivendo un progetto che riguarda il paesaggio sonoro non solo fruito attraverso lo strumento della consueta mappa sonora geolocalizzata (come avrai visto sul sito di AIPS) ma anche attraverso sonorizzazioni cinematiche di archivi video un po’ particolari.

Come vengono programmati gli interventi sul territorio? Siete a presentare un progetto al territorio oppure avete avuto degli enti che vi hanno cercato specificatamente? C’è interesse da parte delle “autorità” in un campo come il vostro?

Le proposte d’intervento a volte partono da noi e sempre più spesso negli ultimi tempi da enti e associazioni che operano sul territorio e che hanno sentito parlare di Aips. La parte più complessa rimane il coinvolgimento del pubblico; è in effetti difficile trovare interlocutori con la giusta sensibilità e la buona dose di conoscenze per apprezzare quello che fai anche se è indubbiamente di nicchia e poco diffuso, ma il bello è che la nicchia non è più tale con alcuni degli interventi che produciamo; a posteriori infatti il paesaggio sonoro diventa solo un altro tassello della nostra esistenza, un particolare al quale prima non davamo peso.

Poi vi sono naturalmente aspetti più materiali che interessano maggiormente le amministrazioni come il turismo alternativo e sostenibile e/o focalizzato su aspetti artistici site specfic tesi alla realizzazione di lavori di comunità.

Tutti temi importanti in egual misura e come puoi intuire legati l’uno con l’altro. C’è anche da dire che la sovrabbondanza di connessioni e intrecci con discipline diverse ci ha messi probabilmente nella condizione di non riuscire ad apparire immediatamente intellegibili soprattutto in fase di progettazione purtroppo la verità è che le cose stanno esattamente così, il lavoro che si produce è molto stimolante ma è dotato di una certa complessità che, sia ben chiaro, cerchiamo in ogni modo di smontare e ridurre all’osso in favore di operazioni più pratiche, per così dire, che conducano al risultato sperato.

Per concludere… il vostro nome vi definisce chiaramente come appartenenti al suolo italiano ma, visto che vi siete già spinti oltre confine per interventi sul campo e showcase… non vi interesserebbe una capatina sul suolo elvetico? Sarebbe un piacere ed un onore vedervi all’opera su campo…

Il suolo elvetico credo lo visiteremmo con estremo piacere, dimmi quando e dove e costruiamo un progetto, non vediamo l’ora.

Trovo illuminante quello che hai detto poco sopra: “il bello è che la nicchia non è più tale con alcuni degli interventi che produciamo; a posteriori infatti il paesaggio sonoro diventa solo un altro tassello della nostra esistenza, un particolare al quale prima non davamo peso”.
Effettivamente viviamo contornati dal suono e non potrebbe essere altrimenti; quel che fate, a mio parere a meraviglia, è rendere più vigili ai suoni che ci accompagnano. Quel che prima era vissuto come un fastidio od un ronzio a cui non sodava peso, dopo un ragionamento del genere può assumere buone connotazioni ed un nuovo senso.
Spero che per chi si avvicini al vostro lavoro sia lo stesso e si ritrovi ad ascoltare il vecchio con orecchie nuove.
Per la salita in Svizzera ci lavoreremo… non promettiamo nulla ma ci si proverà!
Vuoi aggiungere qualcosa per i lettori? Consigli, cose da seguire, stimoli sonori o visivi… a tua scelta?

Consigli particolari per i lettori non ne ho, solo di provare a far maggiormente attenzione a quello che ascoltiamo e come lo ascoltiamo, sperando di vederci in Svizzera per parlarne più a fondo.

Per ulteriori informazioni:
www.archivioitalianopaesaggisonori.it

Alcune immagini e suoni di rappresentanza (qui trovate tutti i progetti ultimati finora)

– RIMINI SONORA, FOTO

VIDEO INSTALLAZIONE “POSTCARDS FROM ITALY” PRESSO SOUNDFJORD 

PHOTOBOOK DI BARI SONORA 

TEASER VIDEO BARI SONORA