Airwaves, ultimi giorni

Iceland Airwaves Festival
parte 3

“But we are in Iceland, nothing can be done outside!” disse la signora del museo di Reykjavik quando le abbiamo chiesto dove stava il mercato delle pulci.

E uscendo dal museo per andare al mercato ci siamo ritrovati davanti a questo meraviglioso arcobaleno, tutto d’un pezzo e davvero gigantesco. Che meraviglia, considerate le sette giornate di pioggia e grigiore generale.

Le ultime due giornate di concerti sono stati un po’ dubbi e quindi su questo post vi raccontiamo prima alcune curiosità del luogo.

Gisli Örn Gardarsson è un giovane attore e regista islandese. Alcuni di noi lo conosceranno perchè lo hanno visto sullo schermo gigante al film festival di Locarno quest’anno nel film Kóngavegur. Qui nelle librerie si può comprare il DVD dello spettacolo da lui diretto: Woyzeck di Georg Buchner. Lo hanno prodotto al teatro nazionale di Reykjavik e la super particolarità è stata la colonna sonora prodotta da Nick Cave e Warren Ellis. La compagnia è la VesturPort con un rispettabilissimo elenco di produzioni (sempre di Gardarsson è Romeo e Giulietta adattato per uno spettacolo più circense).

Chi bazzica nel mondo metal, conoscerà sicuramente i Dimmu Borgir, gruppo norvegese black metal, simbolico, mi sembra, del dispiacere verso la cristianizzazione della scandinavia 1000 anni fa. Il nome deriva da una formazione rocciosa di resti vulcanici nel nord dell’Islanda che visivamente fanno intuire la loro valenza simbolica nella cultura delle mitologie cristiane: è il luogo dove Satana finì dopo essere stato cacciato dal paradiso. Se volete fare un giro nei labirinti infernali, questo è il luogo dove trovare la porta d’entrata!

E per chi soffre il caldo, può scegliere un’altra porta, ovvero entrare per il vulcano Snæfellsjökull e raggiungere il centro della terra dove troverà bellezze incomparabili. Jules Verne fece trovare ai suoi avventurieri un codice segreto leggendo le rune in una delle sagas islandesi intitolato “Heimskringla” di Snorri Sturluson. Il contenuto rivelerà il passaggio segreto.

Iceland Airwaves

Per quanto riguarda l’arte, tre nomi mi sono apparsi molto interessanti al museo della città. Johannes Skjarval, uno dei più famosi artisti islandesi, raffigurato sulla banconota da 2000, artista bohemien e pittore di ambientazioni mitologiche e interprete della natura islandese. Björk, nel suo primo album, gli ha dedicato una canzone di flauti. Björk che tra l’altro bazzica qui al festival e se sei fortunato, ci puoi pure fare due chiacchiere al bar.
Georg Gudni invece è un artista contemporaneo interprete anche lui della natura di quest’isola conbellissimi dipinti melanconici.

Ma basta perderci via e parliamo della musica di questi ultimi due giorni!


Nei due giorni di venerdì e sabato, abbiamo assistito a molti gruppi di cui però parleremo di pochi. Questo perchè visto il numero altissimo di eventi, è facile che capitano molte proposte senza particolar rilievo. Insomma, nulla di nuovo o che valga la pena portare alla luce.

La particolarità di questo festival, come annunciato anche nell’ultimo articolo, è la capillarità degli eventi. Certo, si suona nei bar e nei locali appositi, ma ogni tanto ti capita di passare dal fioraio, il negozio di dischi o dal parrucchiere e sentire che da dentro c’è un gruppo che suona. Siamo andati a curiosare proprio dal parrucchiere dove intanto che la gente si faceva tagliare i capelli o farsi un colore nuovo, poteva ascoltare i vari gruppi che passavano per la scena Off.

Cercando poi disperatamente qualcosa da mangiare e dirigendoci verso la piscina dove a quanto pare c’erano delle performance da ascoltare intanto che si nuotava nell’acqua, le nostre orecchie ci hanno segnalato qualcosa di molto punk derivare da dietro il pub centrale.

Si stavano esibendo prbabilmente il miglior gruppo del festival. Si chiamano GaBLé e sono francesi. Dalla Normandia per essere precisi. Se devo pensare a una descrizione, probabilmente la migliore è paragonarli a una specie di espressione musicale dell’essenza comica della Cena dei Cretini. Conversando con Dug, si diceva che un concerto oggi per coinvolgerti, catturarti, rapirti, deve portarti il buon umore e chi suona deve in qualche modo esprimere questa emozione. Devi star bene, devi gasarti, devi uscire che pensi solo a quello che hai visto, fino al giorno dopo. Minimo.
In un certo senso, sembra di guardare da un vetro tre felici pazienti di un manicomio, che però sono perfetti tra tempistiche e trovate musicali geniali. Lei, la cantante accompagnatrice capitana di suoni e rumori nonchè fantastica esclamatrice di trombe da stadio, è bellissima. Segue i suoi due compari sorridendo, come se ogni volta si divertisse vedendoli per la prima volta. Come il pubblico, che non crede bene a cosa vede e sente.

Gli altri due, tra chitarra e percussionista sperimentale nonche spaccatore di bottiglie di plastica e urlatore forsennato sono pure bellissimi. Portano in scena movimento, improvvisate teatrali e una maschera di Elvis.

La band è passata per Losanna alla Fête du Cité e quindi magari qualcuno leggendo l’articolo sta già ridendo alla memoria di aver visto i GaBLé. Io posso solo profondamente invogliarvi a vederli almeno una volta nella vostra vita. Soprattutto per portarvi il buon umore e svegliarvi con il sorriso il giorno dopo. A me è piacuto soprattutto la frase finale detta in completo accento francese: It’s our last song [pausa], but it’s a pönk song.

Un gruppo molto bravo per cui c’era molta attesa erano i britannici Tunng. Erano passati qualche anno fa a Milano presentando il loro album Good Arrows. Io li trovo fantastici, ma la performance qui al festival era abbastanza moscio, poca energia e non ti invogliava proprio a metterli in una top 10. Peccato, perchè valgono.

Subito dopo hanno suonato i Bombay Bicycle Club, gruppo indie sempre dalle isole UK. Acclamatissimi dal pubblico, sono molto bravi con qualche rimando agli Arcade Fire o gli Interpol e comunque sulla scia dei nuovi gruppi di adesso come The National o gli Efterklang. Hanno un nuovo album appena uscito, si chiama Flaws.

Poi, frammentariamente, abbiamo visto The Crocodiles, gruppo shoegaze americano del momento (non i neozelandesi del 79), super seguiti negli States e molto divertenti da vedere. Peccato che non si sentiva nulla di quello che cantava il frontman. In parallelo c’era lo storico gruppo punk islandese Fraebblarnir che tristemente oggi non li segue quasi più nessuno ma che ai tempi erano molto conosciuti. Sono un gruppo che ancora, con in mano il bicchierozzo di birra, fa un bel pub-punk ricordando le immagini della lotta dei lavoratori a cavallo tra gli anni 70 e 80 in Inghilterra e da cui scaturisce, appunta, la scena punk. Grandissimi e soprattutto emozionante immaginare questi 50enni spaccare bottiglie e far impazzire il pubblico da giovani.

Un ultimo appuntamento che vale la pena menzionare, ma che erano troppo sconnessi per i miei gusti, erano i Ghostigital. Considerati il highlight dell’intero festival, sono un gruppo islandese di hip-hop sperimentale mischiato all’elettronica e movimenti generalmente strani. Sono storici perchè il cantante è anche un ex componente dei Sugercubes e dei KUKL, super band islandese degli anni 90. A vedere il cantante degli Efterklang che si dimenava ai suoni staccati e digitali siamo rimasti a vedere le associazioni di immagini alla musica cercando di capire dove diavolo andasse a finire tutta la performance. Anche se difficili, direi molto bravi e sicuramente vale la pena documentarsi.

Sta sera ci aspetta una ultima nottata di musica per poi prendere l’aereo dall’aeroporto alle 7.40, via Stoccolma e infine Milano Malpensa. Lascerò le conclusioni al mio fedele accompagnatore per quanto riguarda una visione generale del viaggio, del festival e di questo primo viaggio musico-culturale di Radio Gwendalyn.