Donne e veleni (1948) – Douglas Sirk

Anche se i gusti artistici sono personali, si può affermare che un film come “Donne e veleni” non faccia parte delle abitudini cinematografiche delle masse. Al di fuori di una ristretta cerchia di appassionati e conoscitori del cinema di un tempo, le pellicole degli anni ’40 e ’50 non sono oggi tra le più quotate, eccezion fatta forse per i grandi classici. Il 17esimo film di Douglas Sirk, uscito nel 1948, non è tra questi. Opera minore della lunghissima filmografia del regista tedesco, il qui presente lungometraggio appare il prodotto di un modo di fare cinema molto diverso di quello vigente ai giorni nostri, di un’epoca lontana e superata. È davvero così? È una domanda alla quale cercheremo di rispondere con queste righe.

Una torbida trama

Guardando il titolo del film, una cosa appare certa: la tremenda traduzione italiana toglie all’originale tutto il suo significato. L’inconsistente “Donne e veleni” va a sostituire il ben più interessante “Sleep, my love”. E proprio il sonno è un elemento chiave della storia, tratta da un racconto di Leo Rosten e incentrata sulle vicende di Alison Courtland (Colbert), una ricca signora di New York che vive con marito (Ameche) e servitù in una grande casa a Manhattan. La sua vita spensierata viene scossa da alcuni eventi inquietanti: all’inizio del film si risveglia su di un treno notturno diretto a Boston, senza sapere come ci sia finita, per poi scoprire che, sempre nel sonno, avrebbe cercato di sparare al marito. A questi episodi di sonnambulismo succedono strane visioni, che spingono la signora Courtland sull’orlo della follia. Non tutto è però come sembra e, grazie all’intervento di Bruce Elcott (Cummings), un bel giovanotto innamorato della protagonista, la fosca verità viene a galla.

Umorismo e colpi di scena

Seppur non privo di qualche ingenuità narrativa, che emerge specialmente nella seconda parte, il film colpisce prima di tutto per la sua trama ricca di suspense e di colpi di scena. Si tratta infatti di un vero e proprio thriller psicologico che non ha nulla da invidiare alle produzioni più recenti. La tensione palpabile ritma un montaggio piuttosto movimentato, che va a sfatare l’impressione diffusa che i film vecchi siano noiosi perché non succede nulla. “Donne e veleni” riesce a stare al passo con i ritmi contemporanei, e si dimostra ad esempio molto più agitato di un “Joker”, tanto per citare un titolo di cui si parla molto ultimamente – e il paragone finisce qui. Da sottolineare anche alcuni momenti comici, isole di umorismo semplice ed efficace che emergono specialmente durante l’improbabile sequenza del matrimonio cinese. Un ingrediente in più insomma, che aumenta ulteriormente il dinamismo della trama.

Se questa resta relativamente senza tempo, dal film emerge però un contesto storico-sociale ben preciso, quello della upper class newyorkese del primo dopoguerra. Gli ambienti interni di casa Courtland, il modo di esprimersi della protagonista, che fa camera a parte col marito e lo chiama “signor Courtland” quando parla coi domestici, per non parlare di vestaglie, pellicce e acconciature, tutto ci riporta un mondo affettato che non esiste più. Ma l’epoca durante la quale è stato girato il film si manifesta anche in altri aspetti, puramente cinematografici. Una recitazione un tantino enfatizzata e la pomposa e melodrammatica colonna sonora, che da sola ci porta indietro di settant’anni. Per non parlare dell’immagine, un bel bianco e nero caldo e smussato. Bella pure la fotografia, che valorizza luci e ombre della carichissima casa dei Courtland, gonfia di ritratti di famiglia, tendaggi e arredamenti kitsch. Gli interni rivestono una particolare importanza nell’economia visiva del film, le sui scene si svolgono quasi esclusivamente al chiuso, che paradossalmente è ben più pericoloso del mondo esterno.

Un cinema da riscoprire?

Alla luce di queste riflessioni, come rispondere alla domanda posta in apertura? “Donne e veleni” appartiene a un’epoca ormai antiquata e superata? Sì e no. Da un lato, il film è strettamente legato al suo tempo, tanto per il linguaggio cinematografico quanto per l’atmosfera che filtra dalle immagini. D’altro canto, lo shock che ci si poteva aspettare dalla visione di un film apparentemente così lontano dai giorni nostri si sfuma in una storia godibile e intrattenente. Gli intrighi efferati della trama, i molti colpi di scena e l’umorismo permettono di avvicinare molto la pellicola alle sensibilità più contemporanee. “Donne e veleni” merita quindi di essere riscoperto per due motivi. In quanto specchio della società dell’epoca, il film è prima di tutto un interessante documento della vita e dei costumi della borghesia americana di un tempo. Fa insomma sempre piacere vedere squarci (fugaci) della New York dei fourties, capelli brillantinati, baffi e gente che fuma in casa come se nulla fosse. Secondariamente, la visione permette forse di spezzare quella barriera immaginaria che spesso ci tiene lontani da questo tipo di cinema che, in fin dei conti, non è poi così lontano da quello a cui siamo abituati.