Iceland Reykjavik
Iceland Airwaves Festival
Parte 2
L’Islanda è anche nella sua organizzazione un vulcano, ovvero un super cratere posizionato a Reykjavik che ogni tanto erutta dei geni, premi nobel per la letteratura, cantanti che conquistano il mondo e le tendenze, modelle con la mappa in mano alla ricerca delle agenzie di moda milanesi, crisi economiche devastanti, sindaci che dicono apertamente di non capire nulla di politica, un festival enorme e bellissimo.
Nikolas dalla Finlandia dice che non ha mai visto un festival del genere, Freia e Casper dalla Danimarca affermano lo stesso. Sono abituati agli eventi in un posto solo, stra-pieno dove tutti affluiscono come i topi del pifferaio magico. L’Airwaves invece è la festa del villaggio dove in ogni pub, bar, locale, museo suona qualcuno. Super famoso o completamente sconosciuto, saltelli da uno all’altro mangiandoti le mani perchè c’è sempre qualcuno di fantastico che ti perdi e che ha appena suonato nella strada parallela alla tua.
Ci sono stati i cosiddetti concerti leggendari che hanno segnato la storia dei pub e le venues dove hanno suonato gruppi ormai famosi spesso anche facendoli notare ad un pubblico più internazionale: Sigur Rós, Emliana Torrini, Florence and the Machine, Wolf Parade, Tv on the Radio, The Kills, The Shins, Chicks on Speed,…
E’ dunque un festival di pub, con una parte ufficiale e una parte più sotterranea, chiamata scena Off dove una miriade di cantautori canticchiano per una mezzoretta con cui ti bevi una birretta Viking e scambi due parole sulla musica e sulla vita.
Come primo aperitivo, appena arrivati, ci siamo attaccati al negozio di dischi 12 Tónar ad ascoltare i Rökkurró , un gruppo indie-folk molto legato agli ambienti malinconici islandesi di cui abbiamo apprezzato la docile voce della cantante e le leggere melodie accompagnatrici della viola e delle chitarre.
Alle 20.00 al Nasa (immaginate di stare all’interno di una bottiglia di birra) ha suonato Lára, una cantante di Reykjavik sotto la Records Records. L’avevano messa nella playlist sull’aereo per l’Islanda. Molto piacevole da sentire con pezzi che corrono e ti fanno star bene. Da far passare in radio sicuramente. Soprattutto per quel leggero accento islandese con cui canta. Fantastico.
Dai Benny Crespo’s Band ce ne siamo andati abbastanza subito avendo ormai imparato come saltare le code con il nostro super media pass nero che basta sventolare davanti ai securini (tutti provenienti da vari paesi del mondo e pure da Klofingen) e ti fanno passare come gli appuntati del Re.
Cercando di farci più liquidi possibili ci siamo filtrati attraverso le miriadi di islandesi a vedere i Benni Hemm Hemm formati da Benedict Hermann Hermannson e i Retro Stefson, in tutto 9 artisti. Nulla di stravolgente, ma interessante da seguire in quanto fanno parte di questa corrente folk e “cantiamo tutti insieme” un po’ epico dove chiunque ha uno strumento si può aggiungere al carro. Parlando poi con Benedict, mi ha raccontato che ora vive in Scozia in quanto era arrivato a un momento della sua vita (30) dove tutto era troppo perfetto e stabilito (ottima luogo per scombussolarsi la vita). Si trattava di togliere i pilastri e tornare a sperimentare. E quando gli ho chiesto cosa ne pensava di Reykjavik, mi risponde “too hectic, troppo febbrile, agitato. Non mi sono mai fatto di droghe pesanti, ma la città è potente, movimentatissimo, ti fa sclerare ed è meglio starsene lontani. Eppure poi ti manca, fisicamente“.
Ancora abbastanza spersi e poco pratici della località, da avventurieri pensionati siamo tornati al Nasa a vedere i Mammút che ci avevano consigliato. Questi qualche anno fa vinsero la Battaglia dei gruppi, il Battle of the Bands, una specie di Palco ai Giovani da noi. Alle spalle hanno un paio di premi e una tournée in giro per l’Europa onde sono passati anche da noi. E come noi, vogliono conquistare il mondo.
In scena sono scatenati, sporchi di colore e una bella energia punk. Il fatto che cantano in islandese rende il tutto più speciale.
Per un mercoledì improvvisato è stato abbastanza un successo tra capire dove eravamo, chi eravamo, dove andavamo. E camminare per 30 minuti per tornare alla tana in una città sconosciuta è sempre un ottimo rimedio per dormire a sogni d’oro.
Giovedì ci siamo avventurati in città per seguire la scena Off.
Alla Downtown Hostel, quindi l’ostello della gioventù in centro, abbiamo intravvisto gli Orphic Oxtra, gruppone di 14 individui in scena tutti dal conservatorio islandese, detto più esattamente The Icelandic Academy of the Arts and The Jazz Music School of the Icelandic Musician Association (FÍH). Fanno un folk orientato ai suoni balcanici ma ognuno fa un po’ quello che gli ispira di più prendendo da varie inflluenze del mondo. Insomma, una mega one-man-band collettiva.
Ma essendoci completamente persi, ognuno ha visto le sue cose fino a poi incontrarci nelle prime file al concerto degli Efterklang (sempre grazie al super braccialetto del Re). Cercando riparo da una pioggerella “fine fine che ti punge” (da dire alla Forrest Gump), mi sono imbattuto in un cantautore del luogo Eikidur, di cui potete senitre un assaggio dal video subito qui sotto. Nella sala c’erano coppie di innamorati, turisti per caso, mamme, papà , un neonato, il solito giapponese userfriendly e la birra Viking. Grande Eikidur e le sue canzoni sing-along.
Proprio sul finale sono riuscito a sentire una bravissima cantante tedesca nel gruppo Hundreds, che ricorda un misto tra Massive Attack e Dido. Elettronica, movimenti corporei, presenza scenica impressionante. E i tedeschi presenti erano molto fieri. O ubriachi.
Per la prima volta mi sono ritrovato all’interno del museo nazionale a vedere le leggendarie Amiina, quartetto di bellissime islandesi conosciute anche perchè hanno suonato e girato con i Sigur Rós strimpellando le loro viole elettriche e strumenti casalinghi come i bicchieri di cristallo e la sega che fa uouououo. É musica minimalista, ambient e legato moltissimo a queste terre e che apprezzi dopo essere stato a camminare su vulcani spenti con viste di laghi, montagne, distese desertiche.
Sembrava però che molti le conoscessero anche già troppo bene avendo un non indifferente chiacchierio di fondo. Comunque sia, un disco è d’obbligo, anche se costasse 3000 korone islandesi.
Momento emozionante dello show è quando hanno annnunciato l’entrata di uno special guest per accompagnarle alla penultima canzone. Mi aspettavo una Björk e un generale sgomento da parte di tutti, ma erano gli Efterklang che avrebbero suonato subito dopo. Insieme hanno fatto un coro e il tutto era davvero bello, come stare in una grotta runica e partecipare a un ritrovo orchestrale di danze e canti antichi.
Gruppone attesissimo erano i danesi Efterklang. Ho quasi perso l’uso dell’orecchio destro per via delle grida delle teenies islandesi all’entrata del gruppo, altro che Take That.
La organizzazione scenica era interessante, con il batterista sulla destra e il bassista e dj al centro. Fantastici pure tutti i personaggi che ricordavano, se posso essere un po’ grezzo, gil attori porno delgi anni 70. E anche gli Efterklang hanno invitato in scena le Amiina ad accompagnarli in una canzone creando una super ensemble di musicisti scandinavi. Sono davvero bravi, il cantante è incredibilemente intonato e sa cantare (negli ultimi tempi sembra quasi una rarità), il batterista suona a intermittenza la batteria e la tromba, il bassista è alto 3 metri e simpatico, la tastierista è beata tra gli uomini e fantastica, il dj pure e il chitarrista che non vedevo lo si sentiva eccome.
Gli Efterklang sono anche loro molto epici, per nulla invasivi e te li godi con un gran buon umore. Li reputo uno dei gruppi più bravi del momento , ottimi musicisti, tecnici, precisi ma allo stesso tempo umani, danzatori, estremamente piacevoli. Consigliamo il bellissimo video.
Conclusa la lunghissima serata al museo, abbiamo osservato per un po’ la gente che è tutta bellissima e soprattutto gentilissima. Si osservavano gli abbigliamenti, le scarpe, i sorrisi, le parole incomprensibili ma intuibili, la fila per il prossimo concerto. E poi via a curiosare i Seabear, altro gruppo abbastanza atteso e molto conosciuto da queste parti. Il cantate allo stesso momento ha un side project chiamati Sin Fang. Ma la stanchezza e la generale potenza di vita avuta dalla giornata magari non ci ha permesso di apprezzare il gruppo. Oppure semplicemente non erano poi un gran che, classico caso dove in radio sono un “ehi e questi chi sono?” ma live ti passa e vai berti un’ultima birretta prima di rifare la mezz’ora a piedi a casa. Il cantante sembrava un Kurt Kobain degli Mtv Unplugged, un po’ menefreghista e generalmente scazzato.
Proprio prima dei Seabear, abbiamo intrasentito Lay Low, una cantante islandese che dev’essere niente male e che vedremo in scena Off nei prossimi giorni.
Prossimi gruppi e personaggi in arrivo e saranno da seguire sono i britannici Tunng, Fraebblanir (gruppo storico islandese), Mínus, Ghostidital, Noise, Teeth, Reptilicus, …
Venerdì quindi tocca all’elettronica e l’avanguardia. E tutto ciò è fantastico.