LUFF XI – It’s great to be God

LUFF XI Edizione

“È un orgoglio poter essere dio”
http://www.luff.ch

Review discorsiva dell’undicesima edizione del Lausanne Underground Film & Music Festival

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B: Buongiorno. Metti su il caffé.

A: Già sveglio?

B: Non ho dormito. Un po’ sì, ma non ricordo molto.

A: Metto su prima i Beatles, poi il caffé.

B: Bravo. Sono i primi che hanno messo gli archi nel pop. I Beatles.

A: Sono i primi di molte cose.

B: Caffè?

A: Vado.
Non è bellissimo? Domenica mattina star fuori su un balcone a gustarsi la colazione guardando i monti della Francia e il lago di Losanna?

B: È il lago di Ginevra.

A: Certo. Ma noi siamo a Losanna. Per noi è il lago di Losanna. Sono solo punti di vista, no?

C: Ogni oggetto nello spazio ha come punto di vista sé stesso o Dio. Un oggetto in realtà non esiste senza punto di vista. Cono Vs. Cilindro. Tu hai il tuo occhio. Tutto converge li. Quindi nessuno vede la realtà  perché avresti bisogno di infiniti punti di vista. E solo Dio può farlo.

B: Caro, è domenica mattina. Non parlarmi né di realtà né di Dio. Solo di caffè.

A: Sei monotematico.

B: Non te la prendere, è perché una buona parte di me è rimasta là sotto a subire l’immensità di Pain Jerk.

A: T’ha colpito…

B: Se mi ha colpito? Il giappo ha creato un’esperienza, un rito rock, qualcosa di magnifico. Le cose non devono più avere né un inizio né una fine. E lui ci ha colto alla sprovvista, c’ha ingannati, è partito a tradimento. Sembrava stesse testando l’hardware e invece non era così. Il bastardo. Chi come me non aveva i tappi in quel momento era fottuto.

C: Ho sentito dire che nel linguaggio degli eschimesi troviamo molte parole per indicare la neve, ad esempio sicuramente ce ne sarà una per quella polverosa che non va bene per fare le palle di neve perché non si compatta. Oppure per quella fresca ma con una fine crosta di ghiaccio in alto, o quella che cade a fiocchi grossi e scricchiola quando ci passi sopra, e quando alzi il piede troverai la forma della tua scarpa fedelmente riprodotta. Tutte queste parole ti aiutano a farti capire in fretta a cosa ci riferiamo quando parliamo di cose vicine a noi, alle cose consuete che ogni giorno incrociano la nostra strada, le nostre giornate, le nostre notti.

Ora immaginiamo che noi, che amiamo la musica e che siamo stati al LUFF, avessimo a disposizione un numero sufficiente di vocaboli per parlare accuratamente di un rumore piuttosto che un altro, di uno più rombante o di un altro più profondo. Anche il tanto amato drone come lo possiamo trasmettere a parole? Come descrivere la rockstar del drone (dronestar) Pain Jerk che ci ha fatto vibrare i vestiti e i pensieri con il suo vento di suono? Fissando per una vita le dune bianche di neve si arriva a coglierne l’essenza e le più piccole differenze, e così possiamo dire del rumore, del rumore che ci piace, delle frequenze in lenta evoluzione, del buio che dopo un po non è più buio.

B:  Parole sante. Ma questo è stato il gran finale del festival, l’uscita col botto. Ma che mi dici del noise di mercoledì, il che sembravano più uno sgonfiarsi di un pneumatico. Per me queste persone si mettono solo davanti al PC in maniera molto fredda e producono dei suoni. Non basta, almeno non oggi. Questo è proporre un catalogo, scegli il suono che vuoi e te lo faccio, grazie. Vuoi fare noise? Me lo devi fare bene. Kim Gordon che sperimenta nel noise anche se sono cose che faceva 35 anni fa, e a me va bene perché come lo fa, lo fa fottutamente bene. Per il resto? Tu vuoi creare esperienza. I suoni che abbiamo sentito erano dei fischi, vecchi di 35 o 40 anni.  Ha ancora senso produrre suoni? Sarebbe questa l’avanguardia? Sento solo che oggi se non racconti una storia non mi dici niente. L’arte plastica, suoni astratti che girovagano per la stanza, sperimentare senza sapere il perché, questo è decaduto. L’arte ha scordato che dietro ogni uomo c’è una storia e noi esistiamo attraverso queste storie. La vita è’ un flusso a due direzioni, una interazione con più pericoli, tragedie e spirito punk di quello che pensi. Non ci sei solo tu.  Non sei soliloquio. Amleto non vale nulla da solo.

C: Magari sei tu a non capire.

B: Può darsi, ma io voglio capire. Pain Jerk nella sua brutalità, con quelle intensità, quella potenza, ci stava dicendo qualcosa. Come uno che si spacca la spina dorsale e non può più parlare o muoversi, eppure con gli occhi ti comunica, ti grida. Ti dice ammazzami, ti dice salvami.

A: È successo qualcosa a questo festival. Credo che abbiamo assistito a un punto d’arrivo, una soglia che o ti butti o te ne stai lì a pensare di buttarti.

C: Secondo voi un festival a cosa serve?

A: Fondamentalmente può essere una piazza.

B: Non dire quella parola.

A: Quale?

B: Fondamentalmente.

A: Può essere una piazza, uno specchio di quello che c’è oggi, un veicolo. Queste sono le cose che ci sono al momento. Un festival ha il dovere di mostrare lo stato dell’Arte. Ed è chiaro che ci troviamo di fronte a un caleidoscopio che gira, tanti colori che insieme vanno a comporre un colore unico, il marrone. Dal marrone tanti boccheggiano, chi lo fa bene, chi lo fa male, ma il tutto sbiadisce. Siamo davanti a un periodo stagno. Tanto sbatte, poco emerge.

C: Coma la vediamo? Diamo a Cesare quel che è di Cesare?

B: Lo dicono anche loro del festival, si è fatto un passo indietro. E’ necessaria una riflessione. Un festival all’11esimo anno di età è come essere arrivati all’adolescenza: crisi d’identità, perdita dei valori che sono stati, non sapere bene dove andare a parare. Quindi prendi dal passato e cerchi di ricomporlo con quello che è il futuro. E così l’arte. L’avanguardia sfugge.

A:  Ok, ma prendiamo Waters: Pink Flamingo, era come prendersi una boccata d’aria! Anche se il film era del 72. Riproponendolo oggi si può dire “ma c’è ancora dello humour nel mondo“. Proposto oggi è attualissimo. Il poliedrico showman ha una fortissima idea delle ipocrisie. Proietta alla gente delle storie che sono rimaste nel cult, troppo difficili da digerire per la censura.

C: Invece in Brienen è come ritrovarsi in un circolo vizioso. Vuoi dipingere le depravazioni sessuali come la base della sofferenza di tutti… C’è pietismo, solitudine.

A: Le cose strane e tabù sarebbero dei nazi che ti offrono un pugno su per il culo? Queste sono stronzate per chi queste le cose le vuole e le deve pure filmare. È molto indicativo del distacco da quello che si raccontava ieri con quello che si fa oggi. L’attualità di Waters brilla senza dover ricorrere ad intellettualismi senza fine. Brienen ti deve prima spiegare, ti deve far vedere “l’arte” e come dev’essere l’arte, roba per piccoli borghesi. Immagini tragiche di gente che mangia la merda, violenza e autolesionismi…, storie ridicole da seppellire con la scritta “spazzatura vecchia, detta, mille volte“.

C: È vuoto. È un auto-riconoscersi come trasgressivo. Sarebbe l’avanguardia? Vuoi scandalizzare con il piscio, la merda, ….? Ma non scandalizza nessuno, tutto già detto.

B: Vogliono la tessera del contestatore. Ma ragazzi, vorrei finire le uova senza avere il disgusto in pancia.

A: Waters ti mostra i veri freak, quelli che non vengono accettati, i simboli di chi la pensa diversamente. Divine, una meravigliosa parodia dell’immagine che la società perbenistica ha di chi non si indottrina, colei che porta il primato della persona più disgustosa del mondo. È il racconto di ogni epoca, i Miserabili di ogni tempo. Waters mostra le nascoste tragedie e sottolinea il fatto che se ti considerano inferiore o freak, beh devi esserene orgoglioso. La fiera consapevolezza che è bello essere dall’altra parte e che ci sarà sempre un’altra parte. Senza complessi. Nessun senso di colpa.

C: Trasgedire è diverente, è fantastico.

A: Qui non si cerca il riconoscimento. Ci si vuole allontanare, farsi una società a sé. Una società che alla fine farà invidiare tutti. Devine è fiera! Lei è Dio. E va e defeca davanti ad una villa perché c’ha voglia di farlo. I mostri lo fanno, no? Se uno vuole vestirsi così, lo deve fare e riuscire ad avere coraggio e spaccare lo schema in cui è nato e fai vedere che gli altri sono i veri mostri, dimostri la tua serenità e completa libertà. Sono così, sto bene così e non ho problemi a mostrarmi.
Tendiamo a nasconderci dietro un sacco di cose, la religione, il lavoro, matrimoni, contratti, e finiamo per impazzire.
La società come quella di Divine è un posto di libertà. Vedi come lei è felice. Nessun indirizzo, nessuna posta e guai se un postino si avvicina. Fanculo a tutti, ma mica come Into the Wild a scoprire che alla fine essere soli è la risposta sbagliata. Festa e Fuoco! E se arriva la polizia a rompere, non solo li ricacciamo indietro ma ce li mangiamo pure!

C: Comunque è davvero difficile sapere cosa sta succedendo oggi. Sappiamo delle mille guerre in giro, sappiamo di come si muove l’economia. Ma il senso di tutto ciò? Sto avendo della difficoltà a capire. Lo stato dell’arte deve proprio spiegarci nella maniera più strana, più diversa, più indiretta e meno ovvia il mondo. Meno diretta è, più sarà carica di significato.

B: Hm…

A: Hm…

Impacchettiamo le cose e torniamo in Ticino. Caffè finito, sta cantando Eric Burdon. Ci spariamo un po’ di psichedelia in macchina? Guido io.  Mi mancherà il lago, questa città di ponti senz’acqua, di ticinesi emigrati. Si torna, per un po’ e fino all’esaurimento, a credere in qualcosa.

C: Sì, poi ripartiamo.